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Francesco Boccia a Senaldi: "Convivere con il coronavirus. Sì zone rosse, no lockdown generale"

Pietro Senaldi
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Primo, niente terrorismo. Secondo, molta prudenza. «L'Italia a marzo era dietro solo alla Cina come indice di incremento di contagi, ora siamo una delle nazioni più sicure al mondo; molti Stati europei, Francia, Germania, Spagna, Grecia, stanno tutti peggio. Per non parlare dell'Est e della drammatica situazione che stanno vivendo Usa e America latina. Per il ministro delle Autonomie, Francesco Boccia, che nei tempi dell'esplosione della pandemia sedeva nella stanza dei bottoni, la cosiddetta war-room del governo, «la prudenza è una virtù sempre, e in particolare adesso, perché non vogliamo assolutamente chiudere ancora l'Italia».



 

Pugliese come Conte, con il quale forse anche per questo ha un feeling particolare, il ministro dem deve avere la ricerca del punto d'equilibrio nel dna. È di sinistra, ma ha messo su famiglia con la ex berlusconiana Nunzia De Girolamo. È uomo del Sud ma deve dare l'autonomia a Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. È economista, e sa quanto sia costato all'Italia chiudere e, soprattutto, è consapevole che un nuovo stop rischierebbe di farci fallire, però deve alzare il piede dall'acceleratore della ripartenza. Deve metterci in guardia, ma farci vivere. In più, deve comporre e trovare una sintesi tra venti governatori, ognuno dei quali ha idee molto personali su come approcciare la fase tre del virus, quella della convivenza, chiosa Boccia. «Sui tempi non mi sbilancio, ma so che siamo molto avanti. Conto sull'anno prossimo. La scienza ci ha dato tutto, ci porterà anche fuori dal Covid-19». A proposito ancora di vaccino: «Ho notato che s' è acceso un dibattito su obbligo o non obbligo. Ebbene facciamo così: dobbiamo prima arrivare a un vaccino sicuro, che duri e che funzioni. Poi dobbiamo somministrarlo subito a medici, infermieri, operatori sanitari in genere, insegnanti e anziani. E poi ne parliamo. Possiamo anche lasciarlo volontario, ma sinceramente lascerei da parte gli esercizi etico-giuridici. Io sono favorevole all'obbligo. Il diffondersi dell'epidemia impatta enormemente sulla sicurezza nazionale. Ma non ne faccio un totem ideologico. È la mia idea e basta».

C'è una cosa però che il politico che non ama le polemiche e si è votato all'eterno compromesso non riesce a tenersi per sé. «Certo che spiace vedere che molti dei nuovi positivi siano cittadini andati a fare le vacanze all'estero e tornati con il virus. Questa doveva essere l'estate da passare in Italia, oltre alla nazione più bella al mondo adesso siamo anche tra le più sicure sotto l'aspetto sanitario Avevamo fatto un appello per restare dentro i nostri confini; non tutti lo hanno seguito Peccato».

Ministro, quanto è preoccupato della situazione?
«La preoccupazione è massima, perché la ripartenza dei contagi può frenare la vita di tutti».
È il preannuncio di nuove chiusure totali?
«Un lockdown come marzo o aprile sarebbe impensabile, non ce lo possiamo permettere. I dati di giugno e luglio sulla ripresa sono confortanti, se pensiamo che non sono arrivati turisti e che la nostra economia è incentrata sull'export, che è quasi tutto fermo».
Che scenari vede per il prossimo futuro?
«Se la situazione dovesse peggiorare ci potrebbero essere chiusure settoriali, di singoli comparti economici. D'altronde anche la ripartenza è stata a fasi. Ma non escludo neppure chiusure di singole zone, se dovessero scoppiare focolai allarmanti».
E qui ci sarebbe un cambio totale di strategia, visto che il governo a marzo decise di chiudere tutto piuttosto che fermare la Bergamasca. 
«Le strategie valgono per il periodo in cui servono. Noi abbiamo chiuso tutta l'Italia nella fase più drammatica e ci siamo salvati. Lo dicono i fatti e il paragone con gli altri Paesi può farlo chiunque. È costato sacrifici, ma se non l'avessimo fatto oggi staremmo nelle condizioni di tanti Paesi oggi in difficoltà».
Però ministro, i nuovi contagiati per lo più non si ammalano. Non le sembra di essere un po' troppo prudente?
«Sono solo contento se il virus non produce gravi effetti clinici. Mi chiedo: potrebbe farlo? Qualcuno è disposto a scommettere qualcosa? Io no. Non vorrei dover scoprire in sala di rianimazione che non è così. Gli ospedali ora sono vuoti, ma il numero di contagi oggi è infinitesimale rispetto a quello di marzo. Ora scopriamo 600 positivi al giorno, cinque mesi fa viaggiavamo al ritmo quotidiano di diecimila».
Però adesso sappiamo come curare il virus...
«La situazione sanitaria del Paese mi conforta. Gli ospedali sono preparati, ma questo grazie anche all'aiuto dello Stato, che ha rafforzato tutta la sanità».
È un discorso che vale per tutte le Regioni italiane?
«Sì, mi fido di tutta la sanità italiana. Mi lasci però dire che l'epidemia ci ha insegnato l'importanza della sanità pubblica e della medicina del territorio, che, sia ben inteso, non levano nulla alla qualità e all'importanza della medicina privata».
Veniamo al punto: si fida anche di quella lombarda?
«Certamente. Non ho mai voluto far polemiche. È indubbio che una parte del Paese sia stata investita da una virulenza del Covid-19 incontenibile. L'errore è stato quando, sottovalutando l'epidemia, si è cercato di andare avanti il più possibile».
È un errore che ha molti padri: gli aperitivi del contagio li organizzavano Sala, Gori e Zingaretti e il governo ha accusato Fontana di screditare l'Italia perché si era messo la mascherina. 
«A febbraio non si sapeva ancora nulla; il mondo ignorava ogni cosa. Gli errori di sottovalutazione per chi li ha commessi sono successivi. Il Pd e Zingaretti sempre in prima linea non hanno mai sottovalutato i rischi. Sinceramente nessuno ha mai voluto screditare il presidente Fontana che ha fatto un lavoro complesso. Se poi vuole andiamo a prendere le dichiarazioni di molti autorevoli esponenti politici di destra a febbraio e vediamo com' è andata davvero. Ma evitiamo di parlare di inutili polemiche».
Mi permetta, ministro, a fine febbraio il governo aveva dichiarato lo stato d'emergenza da oltre un mese: perché avete perso così tanto tempo?
«Quella era una misura precauzionale. Tu dichiari lo stato d'emergenza e poi attui le diverse misure necessarie ad affrontare l'emergenza stessa».
Forse in questo caso sarebbe stato meglio attuarlo subito. 
«Ci hanno dato dei dittatori perché abbiamo chiuso il Paese con centinaia di morti al giorno, cosa ci avrebbero detto se lo avessimo fatto a gennaio? Col senno di poi sono bravi tutti. Il New York Times ha scritto più volte che l'Italia è stata uno dei migliori Paesi. Secondo lei sbagliano loro e hanno ragione i censori di casa nostra?».
Ministro, al di là della situazione sanitaria, la sensazione è che lo Stato non sia pronto dal punto di vista organizzativo a reggere una seconda ondata. 
«Lo Stato ha triplicato il numero delle terapie subintensive e nei momenti più drammatici ha raddoppiato le terapie intensive. Le Regioni, d'intesa col governo, hanno prodotto uno sforzo straordinario. I reparti sono pronti e le reti territoriali pure. Cerchiamo piuttosto di non farla arrivare questa seconda ondata o di limitarla il più possibile».
Ma già si parla di non riaprire le scuole: è uno scenario possibile? 
«Ma qualcuno sa bene come andrà? C'è un Paese al mondo dove la ricetta per riaprire le scuole ha funzionato? Me lo dica, così lo copiamo e finisce la storia. Ricordo solo che Berlino ha dovuto chiudere dodici scuole dopo averle riaperte. Stiamo parlando della Germania. Non dico altro. Le scuole riapriranno in sicurezza. Per ora dobbiamo fermare la crescita dei contagi, costi quel che costi».
La sensazione è che in questa fase ogni Regione vada per conto proprio nella scelta delle misure preventive: sbaglio? In Calabria non si balla, a Rimini sì: siamo al caos? 
«Premesso che noi non abbiamo mai detto di riaprire le discoteche, anzi abbiamo sempre detto che gli assembramenti sono sconsigliabili, ci sono delle linee guida, tracciate dal governo, e queste le devono rispettare tutti. Poi ciascuna Regione, in base alla propria condizione epidemiologica, può stringere le maglie, comunicandolo al ministero che esegue un monitoraggio settimanale su tutto il territorio. Questo non è caos, è responsabilità, o autonomia se preferisce. Comunque interviene il governo e non se ne parla più. Siamo uno dei Paesi più sicuri al mondo, e questo perché abbiamo fatto sacrifici che ora vanno difesi: è il momento di andare avanti ma limitando al massimo le attività che presuppongono contatti fisici e assembramenti incontrollabili».
Sulla quarantena per chi rientra dalla Grecia o da Spagna e Croazia però ci sono scelte diverse. 
«Ci sono regioni di passaggio, come il Friuli Venezia-Giulia o la Puglia, che sono in una situazione più esposta. Comunque vale per tutti la regola che chi rientra dalle nazioni a rischio deve sottoporsi al test sierologico nella propria Regione. I lander tedeschi fanno esattamente la stessa cosa: quelli di confine hanno procedure diverse dagli altri. È un fatto geografico, non è confusione».
La Lombardia polemizza con il ministro della Salute perché non vuole mettere in isolamento fiduciario chi rientra. 
«Guardi, tra governo e Regioni, Lombardia compresa, c'è molta più collaborazione di quanta non ne traspaia dai giornali. La Lombardia è nel cuore di tutti, soprattutto nel mio che ci ho vissuto per 17 anni e ho lì mezza famiglia. Basta polemiche». 
Quindi la Lombardia ha fatto bene a fare l'ospedale in Fiera con i posti in rianimazione?
«La Lombardia ha aumentato i posti in rianimazione mentre c'era una guerra. Lo ha fatto velocemente. Queste polemiche col senno di poi non hanno senso. Hanno deciso di fare così sotto la loro responsabilità. Io prendo atto che c'è una dotazione di posti letto. Punto».
Boccia, lei sarà l'uomo che avrà dato l'autonomia alle Regioni del Nord o l'avrà negata: quale pulsante accendiamo? 
«Garantirò il completamento della riforma del titolo V della Costituzione e l'autonomia delle Regioni, è mio dovere farlo. È vent' anni che la dobbiamo fare, ed è colpa sia della sinistra sia della destra se finora non si è fatta».
Cosa intende lei per autonomia, ministro?
«Quella prevista dalla Costituzione. Vanno stabiliti dallo Stato i livelli essenziali di prestazioni che ogni Regione deve garantire su scuola, sanità, trasporti e bisogna intervenire per ridurre le disuguaglianze». 
Ho capito, solita storia: la sua autonomia si traduce con trasferimenti dal Nord al Sud. 
«Lei lo sa che Pontida oggi ha standard sanitari, scolastici e di trasporti inferiori allo standard nazionale? E così molte altre realtà del Nord. Con i soldi dell'Europa finanzieremo il raggiungimento dei livelli di prestazioni essenziali in tutto il Paese. Posso dire una cosa: ma quando la finiremo con questa storia che il Nord assiste il Sud? Non ci guadagna nessuno».
Sa di enorme spreco pubblico. 
«I soldi usati per migliorare la qualità della vita non sono sprecati. E comunque basta guardare le cifre. I fondi mandati al Sud con l'intervento straordinario sono inferiori a quanto lo stesso Sud avrebbe dovuto avere con l'intervento ordinario. Ci sono state storture, ma non esageriamo sempre. Non possiamo mettere ai voti anche la tabellina pitagorica».
Il Nord chiede di poter trattenere sul territorio una quota maggiore delle proprie risorse: sarà possibile?  
«Autonomia significa soprattutto avere potere decisionale in tempi rapidi. È chiaro che una quota delle risorse da versare allo Stato ci sarà sempre. D'altronde l'Italia non è uno Stato federale e le nostre Regioni non saranno mai come i Lander tedeschi. A meno di non voler cambiare la Costituzione. Ma in Germania anche le Regioni versano una quota allo Stato. Ma di cosa stiamo parlando?».
Mi sfugge allora il contenuto dell'autonomia che promette. 
«Decentramento spinto. Le Regioni hanno libertà di decisione su come utilizzare i soldi che vengono ripartiti dallo Stato».
Ministro, perché è compatibile con la Costituzione che al Sud un'impresa possa pagare meno tasse ma non che il Nord si possa tenere per sé una fette delle maggiori tasse che paga? 
«Non solo è compatibile con la Costituzione, ma anche col buon senso della programmazione economica. Quando hai un'area svantaggiata puoi fare tre cose: stanziare soldi a pioggia; investire direttamente; usare la leva fiscale. Vuole l'elenco degli Stati occidentali che hanno utilizzato lo stesso sistema che stiamo utilizzando noi? Sinceramente se fossi un imprenditore del Nord spingerei per riallineare presto e bene il resto del Paese alle capacità di reddito di quelle più ricche»
Decenni di aiuti al Sud non hanno prodotto nulla. Il Paese è in difficoltà, da economista: non è più saggio far ripartire la locomotiva prima di rassettare i vagoni? 
«E secondo lei la locomotiva da sola dove va? Il treno Italia ha bisogno di tutti i vagoni».

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