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Luigi Di Maio, la domanda che può farlo dimettere: "Perché gli aiuti alla Cina tre giorni dopo l'avviso sul Covid?"

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“Perché, sapendo che il virus sarebbe arrivato in Italia e che era probabile che contagiasse oltre un milione di persone facendo 35mila morti, tre giorni dopo abbiamo mandato alla Cina 18 tonnellate di materiale di protezione sanitaria?”. È la domanda scomoda posta da Repubblica che potrebbe mettere in una posizione molto scomoda Luigi Di Maio, prima ancora che il governo presieduto da Giuseppe Conte. Il ministro degli Esteri grillino è infatti noto per gli ottimi rapporti con la Cina, che ora tornano al centro della polemica dopo che Repubblica ha messo le mani su uno studio finito sul tavolo del governo e che già il 12 febbraio prevedeva lo scenario epidemiologico che si è poi verificato due settimane più tardi.

È più che legittimo chiedersi perché la Farnesina non ha rinunciato alla donazione di materiale sanitario di protezione dal coronavirus (mascherine e non solo), che è partita da Brindisi tre giorni dopo aver preso coscienza degli scenari di diffusione del Covid in Italia e dell’impatto sul servizio sanitario nazionale. Quella sui carichi inviati in Cina non è però l’unica domanda scomoda posta da Repubblica: “Cosa abbiamo fatto dal 12 febbraio al 9 marzo, quando inizia il lockdown, per preparare il sistema sanitario al probabile arrivo del virus? Quando e come si è arrivati ad avere finalmente un vero piano pandemico? È possibile conoscerne il contenuto?”. Buona fortuna nel ricevere adeguate risposte da Palazzo Chigi o dal Comitato tecnico scientifico. 

 

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