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Roberto Speranza, chi è davvero il ministro di Giuseppe Conte: "Una strana parabola, figlio dell'apparato"

Alberto Luppichini
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Pierluigi Bersani, storico anti-leader della sinistra italiana, lo aveva scelto da tempo, quando ancora la sigla Pd era un sogno in provetta. Fin dall'inizio lui, l'emiliano senza quid, con il suo sorriso rassicurante e la parlata sbiascicata, aveva designato il suo erede. E come non chiamarsi Speranza, di nome Roberto? Da sempre Bersani lo elogia: «Il ragazzo è bravo». In tempi di pandemia si è spinto oltre: «Roberto è troppo perbene per sbagliare». Roberto Speranza, attuale ministro della salute del Conte Bis, ha avuto come maestro proprio il Bersani da Bettola, da cui ha imparato tutto (o quasi).

 

 

Potentino doc, ha incarnato tutte le sigle dei partiti di sinistra: prima i Democratici di Sinistra (Ds), poi il Pd e, infine, Articolo 1, creazione proprio del Papà adottivo Pierluigi. Da quest' ultimo, ha preso anzitutto il modo di vestire lugubre e vagamente antiquato. Che dire dei suoi vestiti dalle tonalità fredde e spente, rigorosamente una taglia in più, le camicie su misura ma troppo prevedibili, le cravatte lunghe e scolorite? C'è da capirlo, lo Speranza. Fin dalla laurea aveva a cuore la politica nel senso più alto della parola. E la politica, soprattutto quella seria di sinistra, non ammette fronzoli. Alla tesi in scienze politiche, infatti, segue subito un dottorato in Storia dell'Europa Mediterranea.

Poi, una carriera senza guizzi ma da manuale Cencelli lo ha catapultato al ministero. Da ministro, il temperamento è rimasto lo stesso: asservito, compiacente, volutamente sottotono. Gli occhi quasi spauriti e la postura tesa. Con portamento da soldatino sovietico è apparso in tutte le interviste in tempo di pandemia, rigorosamente in piedi nel suo ufficio del ministero. Pacato nei modi, sempre prudente nelle dichiarazioni, Speranza si muove a suo agio sottotraccia come un democristiano d'altri tempi.

GIOCHI DI ALLEANZE
Negli anni ha mostrato intelligenza politica e acume nelle alleanze, come quando nel 2013 decise di sostenere Bersani alla primarie del Pd. L'uomo di Bettola vinse grazie all'appoggio del giovanotto fedele, che per ricompensa fu candidato in Parlamento e ottenne un seggio a Montecitorio. Nel Conte Bis, nonostante la centralità del ruolo, è stato sovrastato dall'onnipresente premier e dalla comunicazione tuonante del suo fido Rocco Casalino. Lo si intuisce già nella prima conferenza stampa con Conte del 30 gennaio. Il caso è grave. In Italia per la prima volta è confermata la presenza del Covid in due turisti cinesi in vacanza a Roma. Conte si dedica con evidente compiacimento alla presentazione del direttore dello Spallanzani Roberto Ippolito, che definisce «la bibbia del Covid».

IL CAMERIERE
Poi, come si fa con un cameriere a cui si chiede il conto, chiama Speranza all'intervento con un semplice cenno del capo. Speranza, che nel ruolo di ministro dovrebbe essere la persona incaricata di informare gli italiani, si limita invece a pronunciare una frase di pura circostanza: «Sì, poche altre parole perché in realtà il presidente del Consiglio è stato già molto chiaro sullo stato delle cose». Stimatissimo in tutti gli ambienti che contano, è stato supportato espressamente da Avvenire anche dopo l'ampliamento nell'utilizzo della pillola abortiva. Il quotidiano dei vescovi è riuscito a rimanere imparziale anche di fronte a una notizia così sconvolgente per il mondo cattolico, titolando in modo neutro: «L'aborto farmacologico diventa fai-da-te, l'annuncio (via tweet) del ministro». Nessuno si è stupito. Così, grazie a sponde terrene e celesti, il giovanotto simpatico e di belle speranze è diventato ministro, quando nessuno ci credeva e, si dice, contro persino la sua volontà. D'altronde, di fesserie ne ha fatte e di certo ne farà ancora. Ma finchè nessuno se ne accorge...

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