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Election-day, paura del coronavirus e caos ai seggi: il governo teme l'astensione, Luciana Lamorgese può saltare

Fausto Carioti
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Dopo la prova immigrazione, che la vede latitante da quando si è insediata, Luciana Lamorgese è riuscita a fallire anche quella del primo grande appuntamento elettorale organizzato dal suo dicastero. Così ora è pronta per essere rimpiazzata, nel caso in cui il risultato delle urne spinga la maggioranza a sostituire due o tre ministri, il numero massimo che Sergio Mattarella accetterebbe di far cambiare senza passare per una vera e propria crisi di governo. Impossibile quantificare il danno prodotto dalla disorganizzazione del ministero dell'Interno. Al caos nel quale sono stati formati i seggi, che ieri è stato sotto gli occhi di tutti, occorrerà aggiungere infatti, oggi e domani, la "astensione da panico da Covid", fenomeno difficilissimo da quantificare.

 

La paura nel governo è che riguardi soprattutto gli anziani, gruppo elettorale al quale la sinistra tiene molto, soprattutto in Toscana, dove sta facendo di tutto per portare i pensionati ai seggi, nella certezza che la grande maggioranza di loro rispetterà la tradizione e voterà per Eugenio Giani (le analisi sulle elezioni politiche del 2018 dicono che il 45,8 per cento degli ultra65enni toscani mise la croce sul simbolo del Pd). Intanto la preparazione delle sezioni elettorali è stata molto più difficile di quanto la Lamorgese e il ministro della Salute Roberto Speranza, pure lui coinvolto nelle operazioni, avessero previsto. 

E per una volta il disastro è stato uniforme sul territorio nazionale, senza differenze tra Nord e Sud. A Torino si è assistito a una fuga in massa dai seggi: hanno rifiutato l'incarico 506 presidenti su 919 e 1.487 scrutatori su 2.800. Inusuali scene da armata Brancaleone si sono viste a Milano, quando si è scoperto che un centinaio di presidenti di seggio, su un totale di 1.248, mancavano all'appello. Per evitare che la città più avanzata d'Italia fallisse l'appuntamento, il Comune è stato costretto a pubblicare un annuncio "last minute" sui siti internet: «Stiamo cercando presidenti di seggio per il #ReferendumCostituzionale. Puoi candidarti direttamente all'Ufficio elettorale di via Messina 52 fino alle 16». A Roma il Campidoglio ha dovuto "surrogare" 530 presidenti di seggio su 2.600 e solo grazie ai soliti annunci sui social network si è raggiunto il numero minimo di scrutatori necessario a garantire il diritto di voto. Dimenticati dall'esecutivo pure i seggi elettorali negli ospedali lombardi con più di cento posti letto, dove gli uffici della Lamorgese avrebbero dovuto inviare guanti, mascherine e gli altri dispositivi di protezione previsti dai regolamenti. 

 

Ha dovuto provvedere la Regione Lombardia, altrimenti i seggi non avrebbero potuto costituirsi. Le assenze sono state pesanti soprattutto nelle regioni in cui è previsto anche il voto per l'elezione del governatore. È il caso della Liguria e in particolare Genova: pure lì, il Comune ha dovuto ricorrere in extremis alla Rete per rimediare il personale necessario. Nelle ore precedenti alla formazione dei seggi si sono eclissati 855 scrutatori, in aggiunta ai 400 che si erano già dichiarati assenti e a numerosi presidenti. La caccia all'uomo è proseguita sino a sera tarda. Identica situazione a Firenze, dove sono mancati 150 presidenti di seggio su 360, oltre a 750 scrutatori. A Bari hanno marcato visita 244 presidenti su 349 e lo stesso ha fatto il 40% degli scrutatori. Anche nel capoluogo pugliese il reclutamento è andato avanti sino a tardi, e per riempire i ranghi vuoti è stato necessario cooptare i volontari della Protezione civile. Ovunque c'è stata la corsa contro il tempo e il ricorso a personale inesperto. A Napoli sono stati 250 i presidenti che hanno rinunciato all'incarico negli 884 seggi del Comune, ad Ascoli Piceno non se ne sono visti 30 su 54 e così via. 

Pochissime le eccezioni. rassicurazioni tardive Il grande errore del governo è stata la presunzione di usare per il voto di oggi e domani la "ricetta" normale, con l'aggiunta delle mascherine e di un po' di gel, peraltro distribuiti male. Senza capire la situazione e ignorando l'effetto umano, ovvero i timori di chi dovrà prestare servizio nei seggi e di chi dovrà votare. I compensi per i primi sono rimasti invariati: 130 euro per i presidenti, 104 per segretari e scrutatori, che aumentano di poco se oltre al referendum si vota per la Regione o il Comune. A conti fatti, nulla che invogli a mettere in gioco la salute. Anche perché chi ha un minimo di esperienza, come gran parte dei presidenti di seggio, già aveva intuito che ci sarebbero stati problemi (bastava leggere le tre sconcertanti paginette del Protocollo sanitario pubblicato ad agosto da Lamorgese e Speranza in vista del voto per capire il livello d'improvvisazione).

E se il personale dei seggi non si sente protetto dal contagio e diserta l'appuntamento, il pericolo che gli elettori facciano lo stesso è alto. Così ora Giuseppe Conte e i suoi sono terrorizzati da un'astensione da record. Prova a spargere tranquillità il grillino Pierpaolo Sileri, viceministro della Sanità: «Leggo di difficoltà nel reclutamento degli scrutatori e timori per le attività di voto presso i seggi. Con i ministeri dell'Interno e della Salute è stato fatto un lavoro attento e scrupoloso per rendere questo voto sicuro. Dal punto di vista sanitario non ci sono rischi, andate a votare». Ma arriva tardi, quando i buoi sono scappati. Una partecipazione al voto bassissima sarebbe una sconfitta per il governo e potrebbe influire sull'esito di alcune contese, in particolare quelle che si giocheranno sul filo di lana, come promette di essere la corsa a governatore della Toscana. E nel caso lì finisca male per il candidato del Pd, Nicola Zingaretti e compagni troverebbero nella Lamorgese un primo, comodo capro espiatorio. riproduzione riservata.

 

 

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