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Giuseppe Conte tira la volata a chi incanta la gente: l'oppio del populismo

Francesco Specchia
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La questione, qui, è semantica. Qua, nella lettura che il fior fiore degl'intellettuali offre oggi dei flussi elettorali, si tratta d'intenderci sul concetto pregnante di "populismo". Perché, se intendiamo il "populismo" nel senso liberal (di sinistra ma all'americana) dell'accademico Benjamin Moffitt in The global rise of populism ossia modo di far politica diretto, aggressivo, diciamo rudemente pop; be', la tesi di fondo del direttore di Repubblica Matteo Molinari e di molti suoi epigoni, è comprensibile. 

IL DOPO VOTO
Scrive, infatti, Molinari nell'editoriale Se cala il vento del populismo: «Il primo voto dopo la pandemia disegna un cambiamento di umore degli italiani nei confronti di sovranisti e populisti perché a rafforzarsi è il Pd di Nicola Zingaretti, mentre ad indebolirsi sono le forze della protesta Lega e M5S». Cioè: gli educati palafrenieri della democrazia tipo Zinga hanno vinto, e i beceroni di destra hanno perso. Epperò, se attingiamo all'originaria definizione di "populismo" nel senso storico del movimento russo socialisteggiante, collettivo e antizarista della fine del XIX secolo (e del Partito del Popolo dai contadini del Midwest); bè, allora la tesi di Repubblica è fuori fuoco, perchè il populista vero sarebbe lo Zinga d'antica schiatta comunista. Tra l'altro Repubblica identifica il "populismo" con il "sovranismo" che rivendica semplicemente la sovranità politica ed economica di uno stato, senza parlare di superiorità etnica (e quindi la Lega razzista verrebbe esclusa). Ora, al di là delle più ardite esegesi, ad una lettura attenta, ciò che emerge dalle urne è, paradossalmente, populismo puro. 

Il che non significa necessariamente pose dittatoriali e sprezzo della democrazia. Specie se adottiamo la definizione comune di "populismo" originata dal peronismo, ovvero superiorità della personalità del leader rispetto all'elettorato. Ora, la statura politica di Zaia, la sua consistenza mediatica, ha ingoiato un'intero territorio il Veneto (detto "Zaiastan, dopo che lì ha toccato al'80% dei consensi). Giorgia Meloni attraverso Francesco Acquaroli s' è pappata le Marche. Perfino Giovanni Toti, ha fatto della sua ingombrante bonomia, un'oggetto contundente a scardinar le urne. E Zaia, Meloni e Toti prevalgono sui loro allaeti, sulla squadra di governo, sui loro stessi programmi. Sono senz' altro populisti. Ma se passiamo sul fronte opposto, la deriva plebiscitaria di Vincenzo De Luca, lo statista col lanciafiamme, testimonia l'esistenza di un amplia platea populista. E tutto si può dire di Michele Emiliano tranne che il neo governatore pugliese non si sia sintonizzato sulla massa elettorale. Emiliano è un populista dei piani alti sin da quando, sindaco di Bari si vestiva da sceriffo, e dalle frequenze di TeleNorba e prometteva pane e lavoro e legge ed ordine per la plebe tutta (e i 5 Stelle, iperpopulisti hanno fatto di tutto per farlo fuori). 

ANCHE IL PREMIER
Per non dire del premier Conte, populista dentro sin dagli esordi. Sin da quando si dichiarò, appunto, «avvocato del popolo» ; e, in un singulto di salvinismo poi -secondo lui- curato, addirittura si pregiò di inserire «il sovranismo tra i precetti costituzionali», anche se noi, a complusare la sacra Carta, non ne abbiamo onestamente trovata traccia. Oppio del populismo anche il premier. Ma populista è pure la riforma costituzionale sul taglio dei parlamentari, voluta dai 5 Stelle -populisti- ; e sostenuta da quello stesso Zinga che oggi regge la fiaccola della democrazia. Anzi a ben vedere Zinga rappresenta la forma più evoluta di populismo. Il populismo mascherato da antipopulismo. Era contro il taglio dei parlamentari ma ufficialmente sosteneva la tesi opposta. Oggi sostiene il M5S nel prossimo taglio degli stipendi di Palazzo Madama e Montecitorio (proposta assai populista), pur sapendo che quel taglio si perderà nel limbo delle procedure parlamentari. In più Zinga vorrebbe affiancare Conte nella spesa dei 209 miliardi del Recovery Fund, spinto dalle invocazione della sua massa elettorale. Populista anche questo. «Populismo, un concetto con una storia mista, spesso piuttosto rispettabile», diceva Noam Chomsky, linguista liberal (in Italia, forse voterebbe Pd e leggerebbe Repubblica sicuramente ci ha scritto sopra), un populista come si deve...

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