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Roberto Speranza e Vincenzo Spadafora, retroscena: "Lite furibonda sul dpcm". Spiegato il ritardo di Giuseppe Conte

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Come mai il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si è fatto attendere quasi un'ora e mezza prima presentarsi davanti agli italiani nel discorso tv annunciato per le venti? Sembra che il Paese, racconta un indiscreto del Corriere della Sera, sia rimasto appeso per una lite furibonda tra il ministro della Salute Roberto Speranza e quello dello Sport, Vincenzo Spadafora. Il nodo è quello delle palestre delle piscine.  Speranza voleva chiudere mentre Spadafora con l'appoggio delle Regioni e di Conte è riuscito a tenerle aperte. Ne è uscito l'undicesimo Dpcm che contiene 12 articoli che inaspriscono le misure su ristoranti e bar ma che non contengono quella stretta che invece auspicavano dal Comitato tecnico scientifico.

Di fatto è stato confermato il coprifuoco e basta ma nel governo  invitano a chiamarlo con altri nomi e i sindaci rispediscono la patata incandescente all'indirizzo di Palazzo Chigi. "Il governo", tuona Antonio Decaro a nome dei primi cittadini, "inserisce in un dpcm una norma che sembra avere il solo obiettivo di scaricare sulle spalle dei sindaci la responsabilità del coprifuoco". Conte non voleva mettere la firma su un altro decreto

 

 

Conte proprio non voleva farlo, questo decreto. La sua linea era attendere che le mascherine obbligatorie all'aperto e le altre restrizioni piegassero almeno un poco la curva. Ma il pressing degli scienziati e dell'ala dura della maggioranza, che invocava misure drastiche "per non dover richiudere tutto fra due settimane", lo ha convinto ad accelerare. Tra i ministri dalla linea intransigente il ministro della Cultura, Dario Franceschini, "è vero che abbiamo rafforzato gli ospedali e aumentato il numero di tamponi - ha insistito il ministro -. Ma io voglio mettere in sicurezza il Paese e se c'è da pagare per ristorare esercenti e imprenditori, paghiamo". Era per tappare tutto, tranne scuole e imprese, anche Speranza.

Un fronte caldo quello scuola. Stefano Bonaccini, governatore dell'Emilia Romagna, chiedeva l'ingresso a scuola alle 11 e la didattica a distanza per le ultime classi dei licei, così da mettere fine all'assalto dei bus nelle ore di punta. Lucia Azzolina  si è impuntata minacciando di far saltare il tavolo. La quadra è stata trovata da il ministro della Regioni Francesco Boccia: "Saranno i presidi a decidere se implementare la didattica a distanza e scaglionare gli ingressi, ma dalle 9 e non dalle 11". 

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