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Giuseppe Conte, verifica di governo e ipotesi rimpasto: dietro c'è il Pd

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Non c’è pace per il premier Conte. A tormentarlo è il fantasma di una crisi di governo imminente. Ma anche l’ipotesi rimpasto non è poi così remota. Intanto il presidente del Consiglio si avvia a una verifica di governo, non chiesta – stranamente – da Matteo Renzi. Secondo Dagospia, infatti, a costringere il premier a questo passo è stata almeno la metà del Partito democratico, da Andrea Orlando a Lorenzo Guerini a Matteo Orfini. E alla fine Sergio Mattarella un mini-rimpasto potrà concederlo. Tuttavia, nel caso in cui ci fosse un rivolgimento pesante dell’esecutivo, Conte dovrebbe dimettersi, fare un accordo sottoscritto dai partiti della maggioranza e ripresentarsi alle Camere.

 

 

 

Se questo non succede, il presidente della Repubblica – secondo Dago – ha due opzioni: o chiama Mario Draghi per un governo di unità nazionale (per il quale Matteo Salvini si è già reso disponibile) o chiama un’altra persona per un governo di transizione che conduca al voto. Tuttavia, un voto anticipato senza una nuova legge elettorale proporzionale porterebbe il centrodestra a Palazzo Chigi. Ciò cambierebbe tutte le carte in tavola e influenzerebbe il processo di elezione del successore di Mattarella. Ecco perché nessuno pensa realmente a questa possibilità. Secondo Dagospia, l’unico che, in fondo, accarezza l’idea è Luigi Di Maio che, portando il M5s al voto, potrebbe raccogliere sotto la sua guida un buon 15 per cento.

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