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Ecco le quote rosa del Pd: tutte le poltrone inutili alle donne, la solita ipocrisia di sinistra

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Brunella Bolloli
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Che smacco per le paladine delle quote rosa. Quando si sono trovate davanti la fotografia del neonato governo più d'una ha dovuto ammettere: «Berlusconi sì che è un leader. Valorizza le donne del suo partito». Che fatica dichiararlo, eppure l'odiato Cav è mejo del segretario Pd Nicola Zingaretti, hanno sentenziato in coro le erinni del Nazareno, alle quali mai in passato sarebbe venuto in mente di complimentarsi con il nemico azzurro. Scendevano in piazza al grido di Se non ora, quando?, mentre adesso nella piazza virtuale dei social, sfogatoio di ogni cocente frustrazione, attaccano i maschietti della sinistra che non valorizzano le loro donne e preferiscono tenere il potere tutto per sé.

 

 

Compagne sì, ma che stiano un passo indietro. Ora, siamo certi che dopo una settimana di imprecazioni da parte delle signore Pd che hanno messo su un quarantotto tra sfuriate, riunioni al femminile organizzate dalla portavoce delle donne dem, Cecilia D'Elia, prese di posizione di ex ministre, editoriali sdegnati e, insomma, dopo che è scoppiato il casus belli delle femmine snobbate contro i maschi, non potrà che esserci la grande toppa al buco scavato nella scelta dell'esecutivo. Non nutriamo dubbi, cioè, sul fatto che nella lista dei sottosegretari e viceministri del governo Draghi che sta per essere diffusa, Zingaretti avrà piazzato le dem in posti chiave così da farsi perdonare lo sgarbo iniziale ed evitare che alla direzione del 25 febbraio, convocata proprio per rimettere al centro la parità di genere, la truppa in gonnella si presenti agguerrita e pronta a contestarlo ancora. Però la toppa, per quanto grande, non nasconde la realtà delle cose: nel Partito democratico le donne contano poco. Sono schiacciate dagli uomini, relegate a poltroncine senza pretese, perfino silenziate se è il caso. Avete sentito pronunciare una parola da Valentina Cuppi? È la presidente del Pd, non proprio la stagista appena arrivata al Nazareno, è una professoressa di Storia e Filosofia e poi è il sindaco (o la sindaca se vogliamo attaccarci alle vocali) di Marzabotto; dovrebbe stare al fianco del segretario dem nelle occasioni istituzionali, non dietro. Invece la giovane Cuppi era presente nella delegazione salita al Colle, unica donna tra Zinga, il suo vice Orlando e i due capigruppo, ma non uno dei signori con lei che abbia fatto il gesto di cederle il passo, sarà per questo che l'hanno chiamata "l'invisibile" o "la figurina". «Non cerco visibilità, ma spero in un premier donna in futuro», ha replicato lei.

Per ora il suo partito non ha ministre donne e neppure una vicesegretaria: l'ultima che c'era, Paola De Micheli, ha lasciato il ruolo due anni fa, promossa al dicastero dei Trasporti, ma ovviamente non è stata rimpiazzata. numeri due Più mediatica della Cuppi è Debora Serracchiani, già governatrice del Friuli , ex europarlamentare e vicepresidente del partito. Sveglia e appassionata, nel 2018 era in lizza per occupare l'ufficio più prestigioso, ma poi chissà come mai, la candidatura è sfumata. Forse per via delle troppe correnti che soffiavano tutte in un senso: a favore degli uomini. Vicepresidente è anche Anna Ascani, rimasta con i democrat dopo la scissione dei renziani forse perché sperava di avere più peso politico nella creatura originaria. Dopo avere corso alle primarie nel 2019, è arrivato il contentino: l'incarico di facciata della vicepresidenza, quindi la nomina a viceministro dell'Istruzione nel Conte bis. Lecito che a questo giro puntasse più su. La senatrice Monica Cirinnà, "madre" dell'omonima legge sulle unioni civili, fa politica dal lontano '93, sempre dalla stessa parte. Eppure non c'è traccia di lei al governo e oltre al ruolo di segretaria del gruppo a Palazzo Madama non va.

 

 

Quest' anno avrebbe voluto lanciarsi nelle primarie Pd per il Campidoglio, ma c'è da scommettere che il partito schiererà un uomo (l'ex ministro uscente dell'Economia Gualtieri) senza indire le primarie. Anche la toscana Caterina Bini è segretaria del gruppo al Senato. Tra le sue proposte ne spicca una di modifica della legge Merlin per sanzionare i clienti delle prostitute, i quali non hanno gradito e le hanno mandato lettere minatorie. Considerato che l'esecutivo Draghi è sprovvisto di ministri toscani, potrebbe ambire a un posto da vice di qualcuno. capigruppo I capigruppo sono rigorosamente uomini, le donne si accontentino di essere vice, come la deputata cuneese Chiara Gribaudo, papabile sottosegretaria. È stata tra le più accese a battersi affinché si rimediasse all'assenza di ministre dem. «Mettiamo sempre la parità di genere nei documenti e poi la neghiamo di fronte al Paese? Brutto», ha dichiarato.

Alle piddine lasciano le funzioni più noioise: segretarie d'Aula. Lo sono Barbara Pollastrini e Stefania Pezzopane, indignate come le colleghe Titti Di Salvo, Valeria Fedeli e Laura Boldrini. Zingaretti si è giustificando dicendo che il premier ha scelto da solo la sua squadra e che il Pd è l'unico partito che ha la parità di genere nello statuto. Peccato che scriverlo su un testo e poi non rispettarlo nella pratica è puro tafazzismo. O solo l'ennesima conferma che a sinistra si predica bene, ma poi si razzola male. 

 

 

 

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