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Giuseppe Conte fregato da Beppe Grillo? "Veto sulla deroga al secondo mandato". M5s, un capo senza esercito

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Hanno parlato a lungo Giuseppe Conte e Beppe Grillo in un faccia a faccia avvenuto martedì, 8 giugno 2021, nella villa di Bibbona. Il nuovo leader pentastellato è alle prese con la stesura del nuovo Statuto e della Carta dei valori 5 Stelle. Principi e promesse che assumono una sfumatura più di opportunismo politico ed elettorale che altro. Come in fin conti avvenuto già in precedenza con il contratto di governo risalente ai tempi giallo-verdi e di cui ormai se n'è completamente scordata l'esistenza. In un MoVimento ormai spaccato e che sembra potersi reggere ormai soltanto sui voti portati dal consistente seguito di Giuseppe Conte, c'è un nodo su tutti da sciogliere che sta a cuore soprattutto dei veterani del M5S: il vincolo del doppio mandato. 

I vertici cinquestelle non vogliono minimamente rinunciare nel 2023 ai benefit precedentemente conquistati e fanno quindi pressione su Conte per distruggere l'ultimo valore che resta del MoVimento ideato da Gianroberto Casaleggio. E così, Conte si è fatto carico della richiesta dei big, cercando tuttavia al contempo di non deludere chi, all'interno del M5S, vorrebbe mantenere il divieto di potersi ricandidare dopo due mandati. Tra questi c'è proprio il co-fondatore del MoVimento, l'ex comico Beppe Grillo. Secondo quanto lascia trapelare il Giornale, nel suo faccia a faccia con l'ex premier, Grillo avrebbe posto il suo veto riguardo alla rimozione del vincolo. 

 

 

Giuseppe Conte ha quindi deciso di prendere tempo. Intervistato da Giovanni Floris alla trasmissione Dimartedì, Conte ha spiegato di voler affrontare la situazione nel nuovo Statuto che sta mettendo a punto e che entro la fine di giugno sarà sottoposto al voto degli iscritti sulla nuova piattaforma online del MoVimento. "Subito dopo l'approvazione dello Statuto lavoreremo per riformulare, per quanto necessario, codice etico e vari regolamenti. Affronteremo questo tema", ha commentato Conte, dicendo di fatto tutto e niente. La tensione resta comunque alle stelle, dato che molti eletti chiedono a Conte di fare chiarezza sulla situazione, tanto più ora che è stato chiesto loro di versare intanto i mille euro mensili destinati a riempire le nuove casse del Movimento. 

Mentre i vertici pentastellati (Di maio, Crimi, Taverna e Fico) spingono per cancellare definitivamente la vecchia regola, Conte dovrà cercare un compromesso con Grillo e l'altra fazione cinquestelle che invece è per la sua conservazione. Insomma, se il M5S ogni settimana non si divide su un tema diverso, non sembra essere contento. L'ipotesi è che "l'avvocato del popolo" possa tirare fuori una delle sue giocate legali basate sull'utilizzo ambiguo del linguaggio giuridico per mettere in scena un apparente compromesso tra le due parti. L'idea che ha fatto girare Conte è infatti quella di una "deroga per merito", ovvero decisa arbitrariamente dal leader del MoVimento (proprio Giuseppe Conte) in base a meriti e criteri, sempre decisi dallo stesso leader "Leviatanico". In questo modo, ci si potrebbe candidare anche all'infinito, grazie al "battesimo" del primo esponente grillino. 

 

 

Insomma, l'ennesima giravolta pentastellata. Nel frattempo, mentre chi ha conquistato la poltrona cerca di tenersela ben stretta, continuano le rotture all'interno dei cinquestelle. Questa volta ad andarsene è stata  tratta di Raffaella Andreola, una dei tre componenti del collegio dei probviri grillino, un organo che riveste un ruolo importante nella gerarchia pentastellata. Soprattutto viste le numerose (e incessanti) espulsioni e sanzioni tra le file dello stesso MoVimento. Rassegnando le dimissioni con una lettera indirizzata agli "organi associativi" del M5S e riportata da Adnkronos, Andreola spiega il motivo delle sue "dimissioni irrevocabili". Secondo quanto racconta l'ormai ex grillina, avrebbe ricevuto "pressioni insistenti" per "non attuare provvedimenti disciplinari verso chi non rispettava le regole come il versamento delle quote spettanti all'Associazione Rousseau". Insomma, dell'onestà professata dal Movimento cinquestelle rimangono ormai soltanto una vagonata di soldi e debiti. 

 

 

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