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Matteo Salvini e Giorgia Meloni, il sondaggio interno: il vero impatto del governo Draghi su Lega e Fratelli d'Italia

Salvatore Dama
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Gli elettori di centrodestra premiano i propri partiti di riferimento. In particolare Fratelli d'Italia e Lega. Le rispettive tesi vengono sposate dai loro supporter. Molto più di quanto non succeda a sinistra. È quello che emerge da un sondaggio fatto da AnalisiPolitica, diretta da Arnaldo Ferrari Nasi, per Libero. Dallo studio viene fuori che il 95 per cento degli elettori di FdI si sente rappresentato dalla linea decisa da Giorgia Meloni. Cioè, quella di una opposizione responsabile al governo di Mario Draghi. Così come il 72 per cento del popolo leghista ritiene valida la strategia di Matteo Salvini. Ovvero il sostegno all'esecutivo con l'obiettivo di incidere nelle politiche di governo, soprattutto nella definizione delle riforme da finanziare con il Next Generation Ue. Dall'altra parte, invece, si assiste a un maggior scollamento tra i partiti e la propria base. Un fenomeno che tocca i Cinquestelle, movimento che, dal 2018 in poi, ha ammainato quasi tutte le sue bandiere elettorali, ma anche il Partito democratico. Il 31 per cento dei grillini si sente poco o per nulla rappresentato dal M5s. Peggio ancora per i dem, dove il 32 per cento dell'elettorato non si considera in linea con la leadership di Enrico Letta.

 

 

 

 



IL DIBATTITO - Intanto, nel centrodestra, continua il dibattito intorno al partito unico. Ieri è stato il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani a rilanciare l'idea parlando a Roma a margine di un evento con i candidati sindaco e prosindaco Enrico Michetti e Simonetta Martone. «Noi stiamo esaminando tutte le proposte, ma il mio sogno è di avere entro le elezioni del 2023 un'unica grande forza del centro -destra, un grande partito conservatore liberale riformista e garantista allargato a tutti gli uomini e le donne di buona volontà che vogliano creare un'alternativa in questo paese». L'idea azzurra, quindi, è di andare oltre la proposta di federazione, lanciata da Matteo Salvini. Ma da Fratelli d'Italia, in grande progressione negli ultimi sondaggi, arriva subito un no netto: «Le esperienze del passato non sono state particolarmente positive, tanto che lasciammo il Popolo delle Libertà per formare FdI...», ricorda il capogruppo alla Camera Francesco Lollobrigida. Per poi concludere: «Le specificità sono la vera forza» del centro destra. Un altro stop al progetto arriva da Coraggio Italia, il neo -partito di Luigi Brugnaro. «Tajani sogna che due pere più due mele diano come risultato 4 arance», dichiara Osvaldo Napoli, «è quello che non è accaduto con il PdL e che mai accadrà. Prevarrà l'identità del partito più forte. Con l'ex presidente del Parlamento europeo che rischia di trovarsi in compagnia di Le Pen e l'AfD».

 

 

 



«Mai dire mai», dice Ignazio La Russa, «ma siamo vaccinati sul partito unico. L'esperienza del Pdl pesa molto». Basta ricordare «il modo con cui finì, non solo per la destra, ma anche per lo stesso Berlusconi, che fu costretto a ripiegare sul vecchio nome di Forza Italia». Le urgenze sono altre, se condo La Russa: «Io con Tajani e Salvini vorrei parlare del candidato a sindaco di Milano e se ci comporteremo come una alleanza davanti all'elezione del presidente della Repubblica». Sempre domenica Silvio Berlusconi ha rilanciato il tema della riforma fiscale che, secondo il leader azzurro, è un priorità assoluta. Nell'idea suggerita dal Cavaliere servirebbe «una no tax area per i primi 12mila euro di reddito e "solo" tre aliquote (non oltre il 23%) per i successivi scaglioni di reddito». No assoluto, infine, verso patrimoniali o tasse di successione.

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