Giorgia Meloni, il piano-Veneto: così dopo l'ingresso di Sboarina la leader FdI mette nel mirino la roccaforte leghista
C'è una strategia d'attacco, un gesto possente, il memento di una battaglia elettorale futura nella presenza a Verona di Giorgia Meloni che benediva il sindaco della città Federico Sboarina che annunciava al mondo la sua iscrizione a Fratelli d'Italia. Meloni era lì, ufficialmente per onorare la memoria del senatore Stefano Bertacco, cuore pulsante di FdI sotto l'Arena, scomparso un anno fa, a cui è stata intitolata una targa. Ma, ufficiosamente, il messaggio della leader era chiaro: allargare la campagna acquisti nel centrodestra.
Che il buon Sboarina passi a Fratelli d'Italia non è una sorpresa. Tutt' altro. Il sindaco (che pure rimane in Consiglio Comunale con la sua lista civica Battiti) è sempre stato un'indipendente "d'area" ex Msi ed ex An; nonché sodale della Lega che l'aveva sostenuto con forza alle elezioni, seppur egli non fosse affatto leghista. E se oggi Sboarina dichiara che «FdI è un partito nel quale mi sono sempre riconosciuto, io sono un uomo di destra e in quell'area continuo ad identificarmi», be', questo significa due cose. Che non solo il primo cittadino ha raggiunto l'accordo con il tavolo nazionale meloniano per ricandidarsi al secondo mandato; ma pure che, in virtù di quest' accordo, gli stessi equilibri geopolitici di territorio sono destinati a mutare sempre più a favore di Fratelli d'Italia. Certo, Sboarina dichiara che, dopo la morte di Bertacco, l'uomo che rappresentava «il collegamento nazionale con FdI della nostra civica locale Battiti», si è sentito in dovere di colmare il vuoto lasciato dal senatore aderendo direttamente al partito. Ed è vero. Sboarina afferma che non cambierà nulla nella sua amministrazione: «Nulla. Perché continuerò a lavorare per il bene della mia città. Nel mio rapporto con gli alleati, con la città e con la mia comunità non è cambiato nulla. Ringrazio Salvini per quello che ha detto una settimana fa venendo a Verona sull'operato della mia Amministrazione in questi quattro anni».
Ed è vero che, oggi, la gestione della cosa pubblica non si stravolge certo con l'iscrizione ufficiale a un par tito foss' anche in strepitosa ascesa. Ma è altrettanto vero che l'arrivo della Meloni a Verona (nel luogo storico delle campagne elettorali, piazza San Zeno presentata dal coordinatore provinciale Ciro Maschio) si connoti come marketing politico. Un evento simile all'annuncio, la scorsa settimana, del passaggio a FdI di Vincenzo Sofo detto monsieur Le Pen, il fidanzato della destrissima Marion. Ed è, al contempo, quello della Meloni, un segnale preciso: fotografa la volontà di una nuova selezione di classe dirigente di FdI in una Regione concessa totalmente dagli elettori in comodato d'uso alla Lega. Finora, almeno. Certo, il Veneto è ancora lo "Zaiastan", il magico luogo padano in cui la stella di Luca Zaia brillava su consensi al 60%. Ma qualcosa sta cambiando.
"Lunare, roba di palazzo che non interessa a nessuno": Meloni, che cannonata a Salvini
Fratelli d'Italia attraverso l'eurodeputato Sergio Berlato, procede spedito con gli arruolamenti. Alle elezioni regionali di settembre, su 55 candidati della Meloni, 25 avevano fatto il salto della quaglia da Forza Italia e dai Cinquestelle. Tra di essi Lucia Camata, coordinatrice azzurra a San Donà di Piave; Patrizia Trapella, assessore giunta M5s; Elisabetta Gardini, storica deputata ed euro deputata berlusconiana assieme a Fabio Crea; i leghisti Massimo Campagnolo e Elena Cappellini, Matteo Cavat ton: tutti sparpagliati nella profonda provincia veneta. Lo scontro tra Salvini e Meloni, di fatto, parte oggi dalle praterie del nord-est e, nel particolare da Verona da sempre città -laboratorio delle alchimie politiche. Nella città scaligera il 2022 vedrà proporsi, a questo punto, salvo cambi di passo, la sfida del meloniano Sboarina /Flavi Tosi l'ex sindaco spostatosi democristianamente sempre più al centro...
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