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Roberto Speranza, la memoria di Francesco Zambon in Procura: mille pagine sugli errori del ministero durante la pandemia

Attilio Barbieri
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Ai pm della Procura di Bergamo è arrivato un dossier di 1.532 pagine destinato probabilmente a riscrivere la storia della pandemia di Covid in Italia. E non solo. L'autore del rapporto è il dottor Francesco Zambon, ex funzionario dell'Organizzazione mondiale della sanità, l'Oms, costretto alle dimissioni dopo che l'organizzazione per cui lavorava fece sparire un altro rapporto, quello ufficiale, che metteva a nudo errori e omissioni del governo italiano nel contrasto all'epidemia di Covid. Il dossier recapitato agli inquirenti bergamaschi, a quanto apprende l'Adnkronos, è custodito su una chiavetta che Zambon ha recapitato questa settimana ai pm che indagano per far luce sulla gestione della pandemia in quella che si è rivelata una delle aree più colpite dal Coronavirus in Italia. L'indagine, partita per individuare le cause di una recrudescenza virale che non ebbe eguali nella prima ondata e mise in ginocchio la Bergamasca, si è allargata accendendo i riflettori anche su punti critici come il mancato aggiornamento del piano pandemico, la creazione di zone rosse. La mancata chiusura delle frontiere.

 

 

TABELLA DECISIVA - Nelle 1.532 pagine, Zambon ricostruisce quanto è successo dal giorno in cui, in seno all'agenzia Onu per la salute, si è pensato di realizzare l'ormai famoso report "An unprecedented challenge" (Una sfida senza precedenti) sulla prima risposta dell'Italia al Covid-19, fino al giorno della pubblicazione e del suo successivo ritiro, avvenuto nel maggio 2020. Il filo conduttore è la cronologia dei fatti, riassunta in una tabella di 63 pagine: ogni passaggio è accompagnato da una notevole mole di documenti, scambi di comunicazioni ed email, raccolti in 182 allegati. Il suo legale, Vittore d'Acquarone, avvocato cassazionista, spiega il senso dell'iniziativa: «Francesco non è indagato. Come persona informata dei fatti ha voluto fornire tutto il materiale disponibile». Iniziativa che arriva dopo che negli uffici giudiziari di Bergamo è pervenuta un'altra memoria, quella dell'ex direttore vicario dell'Oms, Ranieri Guerra, indagato per false informazioni al pm. Dopo essersi licenziato dall'Oms Zambon si presentò spontaneamente una prima volta in Procura, a Bergamo. Prima, come ha raccontato al Corriere, non poteva farlo perché l'Organizzazione mondiale della sanità oppose un diniego, ritenendo i propri funzionari coperti dall'immunità diplomatica accordata ai componenti dell'Onu. «Sono state rilasciate parecchie interviste sul fatto che Zambon avesse fatto una ricostruzione parziale e maliziosa degli avvenimenti», puntualizza il suo legale, «mentre lui, nella prima deposizione alla procura di Bergamo, ha semplicemente risposto alle domande e commentato email e documenti che gli sono stati esibiti, resi pubblici da altri e finiti sui media. In questa circostanza, invece, Zambon ha attinto alla documentazione dell'epoca e ha ricostruito tutti i vari passaggi. Voleva dare prova del fatto che tutto quel che ha sempre sostenuto sin dal maggio 2020 è supporta to anche da materiale corposo». Email, documenti interni, con i quali «ha ricostruito minuto per minuto quali sono state le comunicazioni relative al rapporto. Ha portato tutto quello che ha, per dare un quadro completo». Zambon vuole ristabilire alcuni punti. «Si è allu so - aggiunge d'Acquarone - al fatto che avrebbe pubblicato il report senza essere autorizzato, che avesse interessi personali. Questo, a un uomo che si è sentito costretto a dare le dimissioni, senza Tfr e perdendo lo stipendio (da 7.500 euro netti al mese, ndr), fa venire voglia di mettere tutto sul tavolo. Poi ciascuno farà le sue valutazioni». Il dossier smonta innanzitutto due aspetti critici. Intanto, secondo Zambon, non fu anticipata la data di pubblicazione del report dal 24 al 13 maggio 2020, per il semplice fatto che «il 24 era il termine ultimo. E tutte le persone che lavoravano intorno a quel rapporto in Oms, lo sapevano. Sono riusciti a ultimarlo il 13 e lo hanno pubblicato, congratulandosi per essere riusciti ad anticiparlo. Nessun salto in avanti», dice l'avvocato d'Acquarone.

 

TEOREMA DA SMONTARE - E poi c'è da smontare ilteorema secondo cui il report venne ritirato per la scarsa qualità dei contenuti. Giunto alla pubblicazione senza il via libera dei superiori di Zambon, che oltretutto, secondo le ricostruzioni circolate, avrebbe dato la colpa ai propri capi per averlo pubblicato. «Ma Se fosse stato così ragiona d'Acquarone - lo avrebbero licenziato il giorno dopo. Invece non ha ricevuto nessun richiamo disciplinare. E, d'altronde, l'Oms e Guerra non hanno detto niente fino ad autunno 2020. Questa tesi nasce a mesi dal ritiro». Anzi, «la decisione di pubblicare il rapporto il prima possibile era condivisa da tutti. Era informato l'Oms ed era informato anche Guerra». E proprio il ruolo di Ranieri Guerra potrebbe essere decisivo nella ricostruzione degli eventi. «Si sa quale fosse il ruolo di Guerra in Italia, designato da Tedros (il direttore dell'Oms, ndr) su richiesta del ministro della Salute Roberto Speranza proprio perché tenesse i rapporti tra Oms e Italia sulla pandemia», aggiunge il legale, «e Guerra era pacificamente informato sul rapporto, gli era stato mandato l'indice, era linkato a tutti i meeting settimanali con i quali il gruppo si aggiornava sul livello di evoluzione del documento, era in copia per conoscenza nelle email. Nessuno lavorava alle sue spalle. E, visto il suo ruolo, nessuno gli chiedeva se passo passo si confrontasse col ministro, si poteva dare per acquisito».

 

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