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Renato Brunetta, il retroscena: ecco perché vuole Mario Draghi al Quirinale

 Brunetta e Draghi

Il ministro della Pa non nasconde il sogno di SuperMario Presidente delle Repubblica: "Garantirebbe altri sette anni di stabilità e credibilità". I pro e i contro

Francesco Specchia
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Il momento magico, il momento Draghi. “El momento Draghi lo más lejano posible en el tiempo”, bisogna spingere il “momento Draghi” il più lontano possibile nel tempo. C’è qualcosa di romanticamente filosofico nel pensiero che Renato Brunetta offre in un’intervista a El Pais, lanciando Mario Draghi al Quirinale nell’ottica di un modello francese semipresidenziale.

Epperò, l’uscita del ministro della Pubblica Istruzione ha una sua logica. Ferma restando la defezione dell’estenuato Matarella (e, certo, la volontà del premier di spostarsi da Palazzo Chigi), Brunetta spiega che così, certo, l'esecutivo finirebbe il suo mandato fino al 2023 con un altro presidente del Consiglio; ma Draghi al Colle garantirebbe sette anni di stabilità e riforme sino “alla conclusione dell'intera durata del Piano per le ripresa”. A questo proposito, il ministro sottolinea che un capo del governo “con l’Italia in bancarotta non sarebbe un posizione molto attraente”; e per tutto ciò, la priorità è, appunto estendere “il momento Draghi” alle soglie dell’impossibile; e lo si può fare solo issando la sua augusta figura alla Presidenza della Repubblica. Brunetta è giustamente convinto che la personalità di Draghi (l’uomo che con una sola frase, “Le riforme verranno fatte, avete la mia parola” ha fatto spalancare i cordoni delle borsa alla Ue) soverchierà qualunque capo del Governo a venire. Perché “nessun nuovo primo ministro si opporrà a quello che darà credibilità a lungo termine”. Da quando è tornato ministro Brunetta ha trasformato la sua torrenziale logorrea in pensieri lapidari, inseriti in eccezionale e silenziosa opera riformatrice dello Stato. Il suo sogno di una “nuova Italia” si accompagna ad elogio anche dei colleghi ministri e di Salvini “una sicurezza”. Ci sta, mantenere lo standing. Ma perché il ministro spariglia rispetto alla linea –carsica- del suo partito, Forza Italia, che mira invece all’elezione quirinalizia di Silvio Berlusconi? Non certo per il fatto che –non essendoci un vicepremier- la supplenza a Palazzo Chigi spetterebbe curiosamente al “ministro più anziano secondo l’età” ex L400/1988, cioè allo stesso Brunetta. Piuttosto perché, qualora non riuscisse il “piano A” ossia il Berlusca Capo dello Stato (difficile: servono 673 volti alle prime due chiamate e 505 dalla terza in poi, dubito che renziani, meloniani e grillini, per allora, non sostino alla buvette), il “piano B” sarebbe proprio la convergenza di Forza Italia e Lega proprio su Draghi. Il governo di “salvezza nazionale” con le sue alleanza innaturali non avrebbe più ragione d’essere. E a quel punto eccoci arrivare: o ad elezioni anticipate con possibile vittoria del centrodestra, o una nuova alleanza giallorossa che consentirebbe all’intero centrodestra di avere mano libera all’opposizione. Senza considerare la volontà del popolo: secondo il sondaggio di Ilvo Diamanti gl’italiani vogliono come primo cittadino proprio Supermario (il 13%); al secondo posto Mattarella (11%) e molto distanziati Conte e Berlusconi (6% e 5%). Per Brunetta se Draghi si piazza al Colle sarebbe come avere un incrocio fra Lincoln e Giscard d’Estaing. La nostra polizza per il futuro…

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