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Roberto Calderoli frena Berlusconi sul partito unico: "Ecco le mie condizioni, ma senza fretta"

 Roberto Calderoli

Antonio Rapisarda
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Roberto Calderoli è pronto a fare «l'attuatore» del patto federativo del centrodestra. Per il vicepresidente leghista del Senato, fra i massimi esperti di meccanismi parlamentari, ciò significa preparare  il terreno tecnico per la battaglia «della concretezza e dei bisogni dei cittadini», spiega a Libero. Quei valori in campo che stanno premiando l'azione del governo Draghi. «Farne parte», racconta parafrasando le parole del premier, non è assimilabile a un rischio ragionato: «Tutt' altro. Per noi», nonostante la coabitazione con Pd e 5 Stelle, «è un investimento...».

Senatore Calderoli, a che punto sono i lavori della federazione?
«L'interlocuzione è materia dei leader. So che c'è stata e c'è. Dopo ci sarà un aspetto formale da definire su cui, se vorranno coinvolgermi, darò volentieri il mio contributo. Un po' di idee inizio ad averle. Anzi, se non mi interrompe posso anticipare qualcosa...».

Prego.
«Partiamo da ciò che dobbiamo fare. Ci troviamo d'accordo su fisco, famiglia, lavoro e sulle priorità del post -epidemia? Ecco, sono convinto che una gestione comune dei dossier, che vada al di là del singolo partito, sia un bene: non solo per il peso nell'attuale governo ma per definire già il programma della prossima legislatura».

L'entusiasmo c'è ma non mancano difficoltà: i gruppi unici richiedono sacrifici in termini di incarichi...
«Vede: lei parte dalla coda invece che dalla testa. "Si fa il gruppo unico", "si fa il partito": è chiaro che se sarà così non si andrà da nessuna parte. A me interessa che quei gruppi, che oggi hanno un singolo capogruppo, riescano a trovare una sintesi su un problema. I passaggi successivi arriveranno proprio se quel "problema" verrà superato».

Per Silvio Berlusconi lo sbocco naturale nel 2023 è il partito unico: i Repubblicani italiani.
«Sono abituato a fare un gradino alla volta. Parlare di "partito unico" ora è un po' come decidere una cosa al di sopra degli elettori prima e poi degli attivisti. Per questo credo che la proposta di Salvini, la federazione, sia il primo passo. Quello giusto. E poi uno dei punti di forza dei governi Berlusconi erano proprio i cosiddetti primi cento giorni: le cose da fare subito. Partiamo da qui».

 

 

La Lega non ha partecipato al Pdl. Gli alleati di Fratelli d'Italia vi mettono in guardia chiaramente: "Siamo vaccinati. Abbiamo già dato...".
«Se qualcuno pensa di ripercorrere esperienze del passato le dico chiaramente: no grazie. Ci siamo resi conto che è cambiato il mondo dopo la pandemia? Che la politica deve agire in maniera diversa? Che molto del consenso che sta raccogliendo Draghi è perché tutti individuano in questo governo una traccia rivolta all'utilità del cittadino?».

Secondo gli analisti l'integrazione fra Lega e Forza Italia è un affare per il Carroccio: ingresso nel Ppe, infrastruttura meridionale garantita dagli azzurri...
«Ragionamenti da vecchia politica: lo dico da vecchio politico. Non mi importa niente degli "effetti". Il punto è: siamo pronti o no a dare risposte ai cittadini? Queste devono arrivare indipendentemente dal gruppo unico, dal Ppe: partiamo da un'agenda e iniziamo a costruire. Anche perché oggi fra i partiti ne vedo tanti che vanno in pezzi».

C'è chi invece sta in salute. Secondo Tecnè, il partito di Giorgia Meloni vi ha sorpassato.
«Negli ultimi anni c'è stata proliferazione degli istituti: tanto che dei sondaggi si fa addirittura la media! Questi istituti, poi, non sono certo enti di beneficienza. Detto ciò, per fortuna ogni tanto si vota. Non capita molto spesso in Italia ma ci saranno le elezioni. E io sono abituato a confrontarmi sui numeri veri».

 

 

Non intravede alcun rischio per la Lega?
«Guardi: ho consigliato vivamente a Salvini di entrare nel governo. L'ho fatto sapendo che ci sarebbe stato un effetto in termini deflativi sui sondaggi nel breve termine. Ma non dobbiamo pensare di misurarci nel mese di agosto. Con una buona dose di realismo, ad ottobre ci sarà una ripresa, e con questa la possibilità di poter tornare a vedere il Paese crescere. Sono certo che gli italiani che avranno vissuto questa fondamentale ripresa daranno un credito importante alle forze politiche che, non senza qualche sacrificio, hanno sostenuto questo governo».

Conte e Grillo sono ai ferri corti: nuvole minacciose alla vigilia del "semestre bianco"?
«Una cosa è certa. Il rischio per il governo non esiste. Detto ciò con i 5 Stelle ci troviamo di fronte a un'anomalia che ha raggiunto l'apice nel 2018 con un risultato che va riconosciuto. Tradurre poi questo enorme consenso in azione di governo è stata tutt' altra cosa. È chiaro, poi, che se i punti di riferimento sono Grillo e Conte...E pensare che invece hanno delle persone capaci».

Ce ne indichi un paio...
«Se lo facessi, poveri loro! Posso dire che ho conosciuto parlamentari e ministri grillini assolutamente all'altezza. Quello che non riesco a capire è perché le teste pensanti non riescono a mettersi insieme al motto: "Questa banda di matti adesso la governiamo noi". Mi creda: voglio anche aiutarli».

Davvero?
«È già accaduto ad inizio legislatura: ho dato lezioni di diritto parlamentare non solo ai leghisti ma anche ai 5 Stelle. Ho trovato degli ottimi allievi. Per questo non esiste che ci sia Grillo che arriva a Roma per fare la sua sceneggiata. Oppure Conte che fa l'innamorato tradito. Il mondo reale, anche quello grillino, è fatto di altre cose. Di persone valide. Poche, ma qualcuna ce l'hanno pure loro». 

 

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