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M5s, guerriglia Conte-Grillo: lo spettro della scissione, ecco le fazioni. E Mario Draghi suda freddo: sussurri in Parlamento

Fausto Carioti
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Giuseppe Conte ha spedito a Beppe Grillo una dichiarazione di guerra destinata a terremotare i Cinque Stelle, cambiare le sorti del «nuovo Ulivo» sognato da Enrico Letta e scuotere la maggioranza che sorregge il governo. Il messaggio inviato dall'ex premier al comico genovese è semplice, persino brutale: tu non sei in grado di guidare il movimento, io sì, e sono disposto a farlo solo se ti levi di torno per accontentarti di un ruolo onorifico. A questo serve il nuovo statuto scritto dallo stesso Conte, che trasformerebbe il M5S disegnato da Gianroberto Casaleggio in un partito del Novecento, sotto la «leadership solida» (ipse dixit) dell'avvocato pugliese. Rivolgendosi poi agli eletti dei Cinque Stelle e alla «intera comunità del movimento», cui chiede di «non rimanere spettatrice passiva» e assumersi «la responsabilità delle proprie scelte», di fatto Conte ha chiamato i parlamentari e la base alla rivolta contro il comico: imponiamogli le regole della democrazia diretta, votiamo per il mio statuto, facciamogli vedere quanti siamo e prendiamoci il movimento. C'è una parte non detta, ancora più importante. Nel momento in cui i sondaggi attribuiscono a una ipotetica lista di Conte il 15% delle intenzioni di voto, e lui garantisce di essere il leader giusto, giura fedeltà ai «valori» originari del M5S, snocciola un programma tutto di sinistra e assicura di avere scritto uno statuto «degno di una forza politica importante», è evidente che intende investire il capitale di cui dispone e che vuole farlo adesso.

 

 

DUE STRADE
Dunque se Grillo si terrà stretti il marchio e lo statuto dei Cinque Stelle e si rifiuterà di sottoporsi al giudizio chiesto da Conte, è naturale attendersi una scissione e la nascita di un nuovo movimento. Guidato da Conte, fondato su quegli stessi valori e dotato di quel programma e dello statuto appena scritto. Lo stesso Conte non lo ha escluso, rispondendo «farò le mie valutazioni» a chi gli ha chiesto come reagirebbe se le sue richieste fossero respinte. Due strade, quindi, si aprono adesso, e ambedue portano alla destabilizzazione dell'asse giallorosso e del governo. La prima prevede che Grillo passi la mano a Conte. È una ipotesi improbabile: l'Istituto Cattaneo ha ottime ragioni, in un'analisi diffusa ieri, a sostenere che il fondatore «difficilmente cederà la rendita di posizione, a maggior ragione in un momento in cui si sente sotto assedio, anche per le note vicende familiari». Ragionevole, dunque, ipotizzare «che le sue rigidità siano destinate ad aumentare quanto più diventa evidente che anche il rapporto con l'elettorato è passato di mano».

 

 

Se comunque Grillo dovesse cedere, viste le premesse poste ieri il M5S diventerebbe a tutti gli effetti il partito di Conte. La cui agenda politica non coincide affatto con quella di Mario Draghi (a partire dallacancellazione del blocco della prescrizione) e nemmeno con quella attuale dei Cinque Stelle. È più simile, semmai, aquella identitaria, fedele alle radici del movimento, che piace ad Alessandro Di Battista. Conte il moderato darebbe filo da torcere a Draghi, dunque, sia per motivi personali (l'uomo si sente ancora vittima di un'ingiusta defenestrazione), sia nel tentativo di recuperare i tanti italiani che hanno abbandonato il M5S, accusando i suoi eletti di essersi svenduti per un pugno di poltrone. E siccome si tratta pur sempre della forza più numerosa del parlamento (237 tra senatori e deputati, il 25% del totale), per il governo inizierebbe la tribolazione. Quanto al Pd, che secondo Letta dovrebbe essere «il partito di Draghi», come possa costruire il «nuovo Ulivo» assieme a Conte, che punta ai suoi stessi elettori e intende ricostruire la verginità del movimento tirando la corda che ha in mano il premier, è uno dei tanti misteri buffi di questa storia.

 

 

FUORI DALLA MAGGIORANZA?
La seconda ipotesi, quella che vede Conte creare una propria lista dopo avere incassato il rifiuto di Grillo, oltre a essere più probabile è anche più destabilizzante. Perché a quel punto inizierebbe la competizione tra i due movimenti. Si inizierebbe tagliando in due i gruppi parlamentari del M5S: i Toninelli resterebbero fedeli alla linea di Grillo, i Patuanelli e i Bonafede andrebbero con Conte, assieme a molti senatori. I messaggi di affetto che l'ex premier ieri ha inviato al reggente Vito Crimi sono sembrati proprio l'inizio delle trattative della campagna acquisti. Per i grillini che hanno già fatto due mandati e non potrebbero essere ricandidati, la lista di Conte sarebbe un sogno che s' avvera. Spaccati i Cinque Stelle, il gruppo parlamentare più numeroso dovrebbe diventare quello della Lega, e Draghi sarebbe costretto ad aggrapparsi il più forte possibile al centrodestra di governo, mentre il M5S e il suo clone si litigherebbero gli elettori randellandosi a vicenda. Magari in attesa che Conte, sulla riforma della giustizia o altro, trovi un buon pretesto per portare i suoi fuori dalla maggioranza, in cerca di quella rendita d'opposizione che sinora è stata monopolio dei Fratelli d'Italia.

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