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Mario Draghi e sindacati, licenziamenti sbloccati per metà. Il documento: chi non ha firmato l'accordo

Antonio Castro
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Nelle foto, il testo ufficiale della Presidenza del Consiglio che annuncia l'accordo sui licenziamenti, "sbloccati a metà". Niente uscite se prima non si usano tutti gli ammortizzatori sociali a disposizione. "Le parti sociali - si legge - alla luce della soluzione proposta dal Governo sul superamento del blocco dei licenziamenti, si impegnano a raccomandare l'utilizzo degli ammortizzatori sociali che la legislazione vigente e il decreto legge in approvazione prevedono in alternativa alla risoluzione dei rapporti di lavoro. Auspicano e si impegnano, sulla base di principi condivisi, ad una pronta e rapida conclusione della riforma degli ammortizzatori sociali, all'avvio delle politiche attive e dei processi di formazione permanente e continua". In calce al documento le firme delle parti sociali: il segretario Cgil Landini, quello Cisl Sbarra, quello Uil Bombardieri, quello Confapi Casasco e ovviamente il ministro del Lavoro Orlando e il premier Mario Draghi. All'appello mancano solo in due: il presidente di Confindustria Bonomi e Mauro Lusetti, leader dell'Alleanza cooperative italiane.

 

 



 

 

Di seguito, l'articolo di Antonio Castro pubblicato da Libero.

 

Prima di licenziare le aziende si impegnano ad utilizzare tutti gli ammortizzatori sociali a disposizione: Cig, contratti di solidarietà e di espansione, smart working volontario e part time orizzontale d'uscita. Il vertice tra governo e sindacati (iniziato alle 15 e andato avanti fino a tarda sera), è stato sospeso almeno 3 volte per dare tempo ai tecnici di fare icon ti sugli eventuali costi e ai politici di consultarsi (con Confindustria, Confapi, Confartigianato). Domani, 1° luglio, scadrà il decreto introdotto 15 mesi fa per vietare per legge alle aziende di licenziare. L'idea di Daniele Franco (Economia) e Andrea Orlando (Lavoro), è di arrivare oggi in Consiglio dei ministri con un ulteriore ventaglio variegato di proposte (e ammortizzatori), a cominciare da un mix di prepensionamenti agevolati (grazie all'introduzione all'esopensione) e uscite accompagnate, utilizzando uno scivolo come il passaggio dalla presenza al progressivo aumento dello smart working per chi accetta un part time lungo e di uscita. Al termine di quasi 7 ore di confronto dopo un tira e molla infinito, la minaccia di scioperi e di chiusure diffuse - governo, sindacati e imprese hanno partorito un «avviso comune». «Le parti sociali», si legge nel testo dell'accordo firmato da Mario Draghi come notaio dell'intesa, «s' impegnano a raccomandare l'utilizzo degli ammortizzatori sociali che la legislazione vigente, ed il decreto legge in approvazione, prevedono in alternativa alla risoluzione dei rapporti di lavoro».

 

 

 

Insomma, «si impegnano, sulla base di principi condivisi, ad una pronta e rapida conclusione della riforma degli ammortizzatori sociali, all'avvio delle politiche attive e dei processi di formazione permanente e continua». Aziende e sindacati si rivedranno nelle prossime settimane per definire un ventaglio di possibili paracadute: dall'esopensione all'estensivo utilizzo della cassa integrazione, dal part-time volontario al lavoro da remoto in uscita "accompagnata". La formazione - per riportare al lavoro quanti ad oggi sono nel limbo di crisi aziendali infinite- avrà una parte fondamentale nell'ottica di utilizzare il ricco portafoglio di fondi europei. E c'è tanto da fare: secondo via Veneto le crisi strutturali sono ben 85. E questo solo per quanto riguarda le grandi vertenze nazionali. Poi ci sono quelle locali, seguite da Prefetture e Regioni. E in questo caso, esaurito ogni altro possibile ammortizzatore, i lavoratori coinvolti potrebbero accedere alla cassa integrazione straordinaria per ulteriori 13 settimane a fronte dell'impegno da parte dell'impresa a non licenziare.

 

 

 

Nel frattempo governo, sindacati e aziende procederanno «celermente», ha scandito Mario Draghi, ad una «ridefinizione degli ammortizzatori». Insomma, si arriverebbe così ad ottobre per definire un "cappello" di interventi e garantire le richieste di protezione del sindacato, le necessità di ristrutturazione dalle imprese e mantenere quella pace sociale che tanto sta a cuore al presidente del Consiglio. Per ora cantano vittoria soprattutto i sindacalisti Landini (Cgil), Sbarra (Cisl) e Bombardieri (Uil). Mentre il segretario Pd Letta parla di «buon accordo». Resta da giocare la partita decisiva: il confronto sulle riforme. 

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