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Giancarlo Giorgetti, il grande mediatore: riforma della giustizia, ciò che non sapevate sul leghista

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Litigi, minacce, rilanci e retromarce. Se alla fine l'accordo sulla riforma della giustizia si trova, al termine di una giornata tesissima in cui lo spettro di una mancata intesa si affaccia più volte, il merito è anche del lavoro di tessitura e mediazione svolto dalla Lega. Da Giancarlo Giorgetti in primis. Il Carroccio ha accolto subito la proposta del Movimento Cinque Stelle di creare una corsia speciale per i reati di mafia, anzi ha chiesto di aggiungere, in quella corsia, anche i reati di violenza sessuale e traffico di droga. Ma proprio per questo ha avuto poi buon gioco nel dire alt (e in questo ha avuto il pieno appoggio del premier Mario Draghi) quando i grillini hanno provato ad alzare la posta, chiedendo di discutere anche delle nuove regole sull'obbligatorietà dell'azione penale e del ruolo che eserciterà su questo punto il Parlamento. Nella lettura leghista, questo era soltanto un modo per provare a far slittare la riforma.

Un tentativo che non è passato. Così alla fine Giuseppe Conte prova a fare buon viso a cattivo gioco. Ma a differenza di Davide Crippa, capogruppo grillino alla Camera, che parla di «vittoria del Movimento», l'ex presidente del Consiglio deve ammettere che «non ci sono vittorie o sconfitte, abbiamo solo cercato di migliorare la riforma». Certo, Conte rivendica la bandierina dei reati di mafia sottratti alla "improcedibilità", ma i toni non sono certo quelli di chi ha voglia di cantar vittoria: «Questi miglioramenti non dobbiamo intestarceli noi come Movimento 5 Stelle, perché omaggiano tutte le vittime della mafia», sottolinea. Sa bene che forse non sarà sufficiente esibire questi trofei davanti ai suoi parlamentari. Già pensa a come dovrà presentar loro una riforma che di fatto sconfessa quella del predecente guardasigilli, il grillino Bonafede, e che pure dovranno votare: «Noi siamo una grande famiglia, abbiamo discusso tanto, illustrerò ed esamineremo nei dettagli queste nuove proposte. Io sono assolutamente fiducioso che nella discussione generale raggiungeremo un risultato in modo compatto». 

Intanto nel Movimento c'è già chi prova a dar voce agli scontenti. Danilo Toninelli, per esempio. L'ex ministro fa i «complimenti a Giuseppe Conte per l'immenso lavoro svolto per migliorare la pessima riforma Cartabia» ma subito dopo avverte: «Ora onoriamo il voto degli iscritti che a febbraio ci ha fatto dire sì a Draghi, ma alla condizione che non si andasse oltre l'accordo precedentemente raggiunto con il Pd e Leu sulla riforma della prescrizione. Quest' ultima ipotesi si è appena avverata», e quindi ora «si torni a consultare gli iscritti con un voto chiaro e preciso su ciò che oggi è diventata la cosiddetta riforma della ministra Cartabia». Il banco di prova dei malumori grillini sarà comunque domenica, quando il testo arriverà alla Camera. Conte sarà riuscito, nel frattempo, a convincere i suoi della necessità del compromesso? Intanto ieri il Movimento ha perso l'ennesimo parlamentare. Un segnale non proprio incoraggiante. La senatrice Elena Botto ha annunciato il suo addio criticando proprio i troppi compromessi «al ribasso» che il M5S ha dovuto accettare fin qui. È la trentottesima senatrice a lasciare il Movimento da inizio legislatura. I deputati che hanno abbandonato il gruppo sono invece 67.

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