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Mario Draghi e Sergio Mattarella, dietro le quinte: ecco le grandi manovre per averli a vita

Antonio Rapisarda
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L'efficiente ufficio stampa del deep State - quel magma di poteri, consorterie e salotti buoni che dal fatidico 2011 non perde occasione per ingerire negli affari di politica interna - sembra suggerire questa traccia: nel momento in cui non v' è ragionevole aspettativa di ricavare uno straccio di progetto di governo da Enrico Letta (non a caso già tallonato da Stefano Bonaccini) e da Giuseppe Conte (sul quale aleggia lo spettro di Luigi Di Maio), l'unica speranza per scongiurare l'affermazione nelle urne della maggioranza reale - rappresentata, secondo tutti i sondaggi, dal centrodestra - è mantenere in sella il duplex Draghi-Mattarella. Almeno fino al 2023. Con la speranza, tutt' altro che celata data la pressione martellante, di proseguire oltre: con il cosiddetto «Draghi dopo Draghi».

 

 

 

Futuro da stampelle

Una delle casse di risonanza di questo sentimento è sicuramente Il Foglio che da giorni, per irrobustire la tesi, ospita interventi nei quali - dall'ex direttore del Financial Times all'italianissimo "partito del Pil" - il gotha del club finanziario così come la «dorsale produttiva» di casa nostra auspicano lunga vita alla «magica coppia» (sic) che guida, fra Quirinale e Palazzo Chigi, il Bel paese nel delicatissimo ponte fra pandemia e ricostruzione post-Covid. Gli interventi a sostegno della formula "Draghi-rella" sono di livello. Dal giornalista britannico Lionel Barber che vede nella prosecuzione di questo «interludio dorato» l'esito «ideale per l'Italia e l'Europa» ai rappresentanti dei ceti produttivi - da Confindustria a Coldiretti - che si augurano il proseguimento «della contingenza migliore possibile che si poteva augurare». Se per quest' ultimi, nello specifico, Draghi «non è sostituibile in alcun modo» e Mattarella «ha dimostrato di essere un grande presidente, specialmente nei momenti terribili del lockdown», l'intento del quotidiano è utilizzare la leva dell'appello per esclamare: «Niente scherzi e subito un bis di Draghi e Mattarella».

L'obiettivo? «Dare all'Italia un futuro ambizioso» ma soprattutto «proteggere il nostro Paese, e anche l'Europa, dalle risacche del populismo». E qui - ça va sans dire - casca l'asino. L'idea che fra la primavera del 2022 (prima finestra possibile dopo il semestre bianco) e quella del 2023 possa affermarsi alle Politiche il centrodestra - a maggior ragione con le gerarchie interne che vedono Lega e FdI contendersi il primo posto - è vista dal Foglio come una riedizione tout-court delle dinamiche "populiste" stile giallo-verdi più che, come sarebbe in realtà, l'affermazione di quella coalizione che governa da anni e anni la quasi totalità delle Regioni "del Pil". Questo esorcismo contro il centrodestra fa scopa con il "suggerimento" giunto dal Corriere della Sera (altra grancassa del deep State) a firma di Ernesto Galli della Loggia. Lo storico, in soldoni, ha proposto a Silvio Berlusconi di sconfessare il bipolarismo uscendo dalla «prigionia» (il centrodestra che il Cavaliere ha fondato) e dunque dall'abbraccio con gli alleati Meloni e Salvini (affetti a suo avviso da «opposizionismo») per dirigersi al centro - in compagnia di Renzi, Calenda e degli zero-virgola - con la prospettiva, assai minimalista, di contare come ago della bilancia con un bottino del 10%: in realtà un modo per auguragli un futuro da stampella per governi raccogliticci ma graditi alle consorterie. A disinnescare pubblicamente queste "grandi manovre", replicando a Galli della Loggia, ci ha pensato proprio lui: il federatore. «Il bipolarismo in Italia è certamente imperfetto, ma è un grande passo avanti verso la democrazia compiuta», ha spiegato al Corriere Berlusconi chiudendo subito le porte alle malcelate fantasie: «Ciò non viene meno neppure con il governo Draghi che nasce in circostanze eccezionali e non esprime una formula politica per il futuro». Una risposta netta ai "manovratori" ma anche un messaggio spedito a Giorgia Meloni che nei giorni scorsi ha chiesto rassicurazioni agli alleati sul perimetro da comporre da qui alle elezioni.

 

 

 

Identità

Tutto ciò Forza Italia intende perseguirlo mantenendo la propria identità di forza «coerentemente liberale, cristiana, europeista e garantista». Qualità che, a differenza di ciò che sostiene l'editorialista del quotidiano di via Solferino, per Berlusconi «si possono esercitare, non solo in Italia ma in tutte le democrazie occidentali, solo in una coalizione di centrodestra». Altro che "prigione", dunque. Per l'ex premier insistere sulla coalizione «non ha mai limitato la nostra capacità di iniziativa politica: lo dimostra la nascita del Governo Draghi, che sono stato il primo a chiedere». Una volta conclusa tale parentesi, però, l'ex premier ha chiarito che si riparte con il «centrodestra di governo». Una formula che il leader di FI torna a benedire insieme ai suoi compagni di viaggio: «Alla nostra destra non vi sono forze eversive o irresponsabili», questa la replica netta all'editorialista, «ma grandi partiti democratici con i quali collaboriamo da 27 anni».

 

 

 

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