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Enrico Letta a cuccia davanti a Giorgia Meloni. Indiscreto: dopo il faccia a faccia di ieri... leader Pd disperato

Antonio Rapisarda
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Sarà che davanti alla presentazione di un volume dal titolo così esplicito - Razza Poltrona, a firma di Fabrizio Roncone, l'inviato-incursore del Corriere della Sera nel Palazzo - Enrico Letta non poteva fare e dire altrimenti. Fatto sta che a partire dal tema dell'incontro - quello riguardante il sottotitolo del libro, la crisi di «una classe politica sull'orlo del baratro» - il leader del Pd è tornato, dopo Cernobbio, a fare un po' il "meloniano": contro il trasformismo (e dunque si presume contro il "giallo-fucsia" Conte II e il goffo tentativo dei suoi per il Conte ter), per il ritorno alle preferenze e per la stabilizzazione del sistema su un rigido binario bipolarista e maggioritario. Ma non solo. «Che dobbiamo fare di più?», ha sbottato interpellato da Alessandro De Angelis, «dobbiamo fare il quarto governo con la quarta maggioranza nella legislatura o arrivare a 400 cambi di casacca? Si è toccato il fondo. Nel domani c'è bisogno di partiti e di politica. Io mi sento impegnato a far andare le cose meglio».

 

 

Musica per le orecchie di Giorgia Meloni, appunto, che insieme all'ex premier ha partecipato ieri al primo incontro circoscritto a loro due. «La sfida oggi è rimettere il Palazzo nelle mani dei cittadini», ha rilanciato la presidente di Fratelli d'Italia, senza lasciarsi sfuggire l'occasione di ributtare nuovamente la palla nel campo avversario: «Sulla legge elettorale si sa come la penso: l'unico partito che ha portato in Aula l'abolizione delle liste bloccate è stato Fratelli d'Italia. Noi siamo per le preferenze e su questo Letta ha ragione. Però la nostra proposta è stata bocciata...». Un indizio - è vero - non fa una prova. Due però fanno qualcosa di simile. Lo si comprende quando il capo dem ha scelto di uscire dal suo schema di quest' estate: quello della «destra italiana» come la «peggior destra d'Europa». Certo, sulla proposta del semi-presidenzialismo alla francese presentata dalla destra di FdI coltiva più di un dubbio. «È pieno di limiti. È un sistema nel quale di fatto si dà tutto il potere a uno o una che rappresenta il 23-24% al primo turno», ha spiegato scegliendo però di non rifugiarsi nella zona di conforto dell'allarmismo.

 

 

FUORI DAGLI SCHEMI
«Non è un problema di tenuta democratica», ha assicurato, ma di rappresentanza: «Se si incarna solo un pezzetto della società non si riesce a riportare il sistema sotto controllo: come è avvenuto con i gilet gialli». Pronta qui la precisazione della leader dell'opposizione: «In un sistema di alleanze, come quello italiano, non è che si governa con il 20%. Non c'è questo rischio». Ciò che è certo, a suo avviso, è il rischio contrario: «Con i governi "arcobaleno", al di là del fatto che non tengono conto delle indicazioni dei cittadini, accade invece quello che abbiamo visto: chi invoca il Reddito di cittadinanza, chi invece Quota 100. Che cosa si ottiene così? Niente. Perché sono ricette diverse che non si tengono. Non si vedono i risultati di una visione applicata». Morale? «Più si continua a garantire questo sistema e più i cittadini subiranno la spartizione di questi anni». Su Mario Draghi, poi, la discussione fra i due si è biforcata su binari paralleli. Letta - che vede come fumo negli occhi l'ipotesi di "mr. Bce" al Quirinale nel 2022 - se l'è cavata investendolo del ruolo di «scudo per l'Italia» in Europa: di qui la tirata di giacchetta affinché resti fino a fine mandato. Per Meloni, si sa, il governo Draghi «è un'anomalia» ma il premier si conferma comunque come «l'italiano più autorevole» in Europa. E sui dossier di interesse nazionale in Ue, come il dibattito sul patto di stabilità, «può considerare l'opposizione parte della sua maggioranza». Da questo scambio si comprende che l'ipotesi del voto anticipato perde quota. Per un motivo in più. Ad offrirlo è la stessa leader dell'opposizione: «Draghi non credo che sia particolarmente interessato» al Colle, ha spiegato indossando a un certo punto i panni del "retroscenista".

 

 

NEI PANNI DI RETROSCENISTA
Certo, per lei «le elezioni anticipate sarebbero un punto a favore di Draghi. Ma oggi non è uno scenario facilissimo». E qui subentra la novità di giornata: il «sì» pronunciato da Letta alla richiesta del capo di FdI su un dialogo per il prossimo capo dello Stato. «Credo che le quotazioni di Mattarella siano molto alte», questa la previsione di Giorgia, «ma non condivido questa scelta». Dunque? «Sarebbe una grande vittoria della politica immaginare un presidente che garantisca non una parte ma tutti». Uno schema alla Ciampi: «Su questo sono pronta». Anche Letta, almeno a parole, lo è: «Sono assolutamente favorevole perché la discussione sul nome di un nuovo capo dello Stato veda l'opposizione coinvolta». C'è da fidarsi? «Casualmente - ha concluso Enrico - quando c'era da eleggere il presidente della Repubblica il centrosinistra era sempre maggioranza...». Si vedrà se anche con lui c'è da stare sereni.

 

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