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Massimiliano Fedriga: "La linea della Lega sul Covid è quella del buonsenso"

Massimiliano Fedriga

Il governatore: "Salvini non si discute, fa sintesi tra sensibilità diverse. Mai più chiusure Covid. Draghi acceleri sul Recovery"

Francesco Specchia
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Quando Il Foglio l’ha maliziosamente indicato –in chiave anti Salvini- come papabile nuovo nocchiero della Lega Nord, a Massimiliano Fedriga, uomo del sussurro e re dell’understatement del Carroccio, è quasi venuto un coccolone.

Eppure Fedriga, classe 80, veronese d’adozione triestina, abile amministratore e presidente del Friuli Venezia Giulia, viene giustamente indicato come uno dei “persuasori civici”, uno dei dirigenti che ha spinto il partito verso la soluzione di Draghi. Direi che Fedriga più che nocchiero verde è una sorta di Metternich del Green Pass…

Caro Fedriga, Green Pass per tutti, come piovesse. Alla fine ha vinto la “linea dei governatori” come la chiama il suo collega veneto Luca Zaia?

“Ma no. Noi, in realtà, abbiamo un’unica linea che è quella del segretario Matteo Salvini, che coincide, sì, con quella “dei governatori”. Per noi il Green Pass è semplicemente uno strumento per riattivare l’economia. L’alternativa sono le chiusure. Questo è il concetto. La Lega ha insisto per proporre soluzioni di equilibro per evitare che il Green Pass diventasse uno strumento eccessivamente costoso e burocratico per milioni di cittadini”

Bòn. E questa è la versione ufficiale della Lega. Ma lei?

“Io personalmente sono per il vaccino, l’ho fatto, lo predico; ma capisco anche chi ne ha paura, e chi deve essere convinto con le giuste argomentazioni. Tra chi vuole il Green Pass anche per andare in bagno e chi lo paragona al nazismo, be’, diciamo che c’è sempre la via di mezzo del buonsenso. Che poi è la nostra linea, appunto”.

Però la vulgata narra che Salvini si sia spostato sulle vostre posizioni (e Draghi gliene ha dato il tempo) non solo grazie a voi baluardi del territorio, ma anche e soprattutto perché un sondaggio interno darebbe il 90% degli elettori leghisti favorevoli al certificato verde. Le torna?

“Vede, la Lega non ha mai guardato i sondaggi, specie durante e dopo la pandemia. Le nostre scelte sono dettate dalle esigenze dei cittadini. Poi, certamente, non è una novità che nella Lega ci siano sensibilità diverse che talora si trovano su fronti opposti. Ma la sintesi è sempre il nostro segretario. Dettò ciò, io ultimamente leggo sui giornali delle ricostruzioni straordinariamente fantasiose. Tipo quella che io mi proporrei per la carica di segretario. Ma dài. L’ha scritto Il Foglio ma non mi sento nemmeno di smentirla perché accrediterei una tesi basata sul nulla. Matteo Salvini non si discute: è quello che ha preso la Lega al 4% e l’ha portata al 34%”.

Facciamo un test sui riflessi pavloviani. Se io le dico “Claudio Borghi” e “Francesca Donato” (la crème de la crème dell’antivaccinismo spinto del Carroccio, ndr), a lei che cosa viene in mente?

“Che nella Lega si muovono sensibilità diverse…”.

Questo l’ha già detto.

“E glielo ripeto. Siamo nel governo, Salvini ha avuto coraggio ad entrare invece di stare comodamente all’opposizione, ha evitato di lasciare campo libero a Pd e 5 Stelle. Io, come tutti i governatori e come Presidente della Conferenza delle Regioni, non faccio del Green Pass una questione ideologica, ma pratica; ho vissuto come molti colleghi l’esperienza in prima linea negli ospedali e nelle terapie intensive intasate dal Covid, con molti pazienti specie oncologici costretti a rimandare le cure (anche se i nostri reparti oncologici sono tra quelli che hanno funzionato meglio); sono scene che non voglio più rivedere”.

E pensa che tutto questo sia sufficiente per impedire nuove chiusure?

“Ma non dobbiamo neanche più pensare di tornare a chiudere. Tra l’altro, come Regioni, abbiamo ottenuto che nel prossimo decreto del governo, entro i primi di ottobre, che l’esecutivo si riserverà di verificare nuove aperture di esercizi, come le discoteche, per esempio”.

L’anno scorso lei lanciò un allarme. Chiese al governo Conte che la sua Regione potesse sospendere il contributo straordinario del saldo di finanza pubblica annuale di 726 milioni - circa il 12,77% dell’intero bilancio regionale- perché sennò il Friuli avrebbe rischiato il default. E’ ancora così?

“Sulla sospensione del contributo straordinario del saldo di finanza pubblica stiamo proprio trattando in questi giorni col governo, nello specifico col sottosegretario Sartore (Pd). Stiamo rivedendo i patti finanziari. Anche il ministro dell’Economia Franco si sta dimostrando molto sensibile sul tema. In questo senso registro un cambio di passo rispetto al governo precedente, che non ci ascoltava”.

Che fine ha fatto l’autonomia differenziata? Vi siete dimenticati dei referendum veneti e lombardi?

“Tutt’altro. La battaglia sull’autonomia noi, in realtà, non l’abbiamo mai mollata. Anzi, adesso, col ministro Gelmini, dopo la parentesi della pandemia, ci stiamo dedicando vivamente alla pratica. Ma ora non è solo un progetto mio, di Bonacini, Zaia o Fontana. Ci sono anche regioni del sud –penso alla Campania o alla Puglia- che credo vogliano valorizzare la loro autonomia, specie passato il dramma delle chiusure e del contagio”.

L’impressione degli analisti è che Draghi sia il dominus di una rivoluzione e che i partiti stiano a guardare, fissandosi sui dettagli, giusto per far vedere che sono vivi. O sbaglio?

“Be’, è chiaro che siamo in una situazione anomala, questo è un governo d’emergenza che fa stare insieme forze politiche opposte. E’ una maggioranza spuria provvisoria. Siamo in attesa di un governo con una chiara maggioranza politica, un governo eletto. Così, è ovvio che Palazzo Chigi sia molto più centrale, in questo momento, rispetto ai partiti stessi. Io, come presidente della Conferenza Regioni, ho il dovere di sintonizzarmi con l’esecutivo, sia per la pandemia che per la realizzazione del Pnrr”.

A proposito: come sta andando il Pnrr?

“Il Pnrr sta procedendo abbastanza bene, grazie. Quello che magari noi contestiamo è che l’esecutivo deve essere più veloce nelle scelte e deve rendere participi noi Regioni, i Comuni sulla mesa a terra dei provvedimenti per il Recovery Plan. Ma deve farlo in tempo reale. Non dobbiamo arrivare a capire cosa dobbiamo fare nel 2025, sennò non ce la faremo”.

Secondo i sondaggi Giancarlo Giorgetti è il ministro che riscuote più preferenze: il 41% degli italiani. Le suggerisce qualcosa?

“Giancarlo Giorgetti, oltre ad essere un politico di grande spessore, è della Lega; e per me è motivo d’orgoglio che sia il ministro più stimato”.

Ognuno oramai fa l’oroscopo delle elezioni amministrative. Qualcuno dice che ci sono dei problemi nella vostra coalizione, specie a Milano. Cosa succederà al centrodestra alle urne?

“Veramente lo dice Vittorio Feltri, che ha usato, come al solito, il piumino di cipria sulle elezioni milanesi. I candidati sono state delle scelte civiche, partiamo da un 5 a 0, e io sono convinto che il centrodestra sia ancora la maggioranza nel Paese. Per quanto riguarda il Friuli Venezia Giulia, nelle due maggiori città che vanno al voto, Trieste e Pordenone, non dovrebbero esserci problemi per la vittoria del centrodestra…”.

 

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