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Matteo Salvini, Pietro Senaldi: cos'ha in testa per il Quirinale, in ballo c'è il futuro della Lega

 Salvini e Draghi

Pietro Senaldi
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La maggioranza vive un paradosso. I rapporti tra i partiti che la costituiscono sono ormai sfaldati. Tra destra e sinistra c’è un muro. Tuttavia esiste un caposaldo che unisce tutti i leader, è il montante nervosismo collettivo nei confronti del premier. Esso viene ben mascherato dagli attestati di fiducia rivolti a Draghi dai vari Letta, Di Maio-Conte, Berlusconi, Renzi e Calenda, e da ieri anche Salvini. Si assiste a un martellamento quotidiano volto a spiegare come sia importante per il Paese che Super Mario resti a Palazzo Chigi. Il fastidio diffuso nei confronti del presidente del Consiglio però è palpabile, fluttua nell'aria ma è così denso che lo si può toccare. È figlio dell'impossibilità dei partiti di far politica, quindi incidere e porre le basi della prossima campagna elettorale.

 

 

Da principio Draghi è stato accolto come una sorta di vacanza ricostituente. Ora i leader sono stufi di fare da spettatori al governo. Allora perché tutti vorrebbero che il premier restasse dov' è? In realtà ciascuno persegue un obiettivo di bottega per lui ben più primario dell'interesse nazionale. Il Pd non vuole mollare il Quirinale a chi non abbia quattro quarti di sangue sinistro. M5S è preoccupato di scongiurare ogni minima possibilità di voto anticipato. Silvio insegue ambizioni personali incompatibili con la promozione del banchiere sul Colle. Italia Viva ha bisogno di comprare tempo ed essere centrale nella scelta del capo dello Stato, nonché di maturare benemerenze presso l'eletto. In più, tutti hanno una gran voglia di bruciare il migliore, inchiodandolo a Palazzo Chigi; si teme che dal Quirinale potrebbe essere ancora più ingombrante.

 

 

E Salvini? La Lega sta pagando un prezzo pesante per il sostegno all'esecutivo, il segretario lo ha ammesso ufficialmente. La sua è una scommessa di lungo periodo: appoggiare Draghi oggi perché nessuno gli contesti il diritto di governare domani. Forse anche Matteo ha bisogno di guadagnare tempo, forse ci tiene davvero a vedere l'alleato Berlusconi sul Colle e non è convinto che Super Mario gli darebbe mai l'incarico di formare il governo. Tutto è possibile, ma una cosa è certa. L'ex ministro dell'Interno è consapevole che la partita del Quirinale è fondamentale per il futuro della Lega. Salvini non pretende che Draghi ufficializzi la propria candidatura. Non ce ne sarebbe neppure bisogno, tutti suppongono che l'ex governatore andrebbe volentieri al Colle e che però pretende un plebiscito per assumere l'onere.

Tuttavia il leader della Lega, e per la verità anche quelli degli altri partiti, desidererebbe che Super Mario non rivendicasse il trono quirinalizio come diritto divino ma avesse la cortesia di chiedere il favore, almeno privatamente, anche solo in modo allusivo, a chi può soddisfare le sue ambizioni, ossia le stesse forze politiche che il premier lascia sistematicamente fuori dalla porta ogni volta che c'è da decidere qualcosa di importante. Se lo facesse, si aprirebbe una trattativa, con il dare e l'avere sul piatto. È quello che tutti i leader politici vogliono.

 

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