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Se la sinistra difende il diritto a sfasciare le scuole

 Scuole occupate

Il direttore scolastico del Lazio, chiede banalmente chi ha occupato le aule -e le abbia distrutte- paghi i danni. Ma due parlamentari e i sindacati vogliono che la richiesta sia ritirata nel nome del romanticismo della protesta didattica

Francesco Specchia
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Okkupazione, okkupazione, okkupazione! Banchi rovesciati, drappelli di studenti barricati in aula, sacchi a pelo disseminati nei corridoi, sesso tra gli scaffali, spinelli liberi, cessi divelti, musica in sottofondo tra gl’Intillimani e il Verona Beat dei Gatti di Vicolo Miracoli (“Si fa sciopero per la fame nel Bangladesh/dopo un’ora siamo in tre…”). L’occupazione d’inverno negli istituti superiori è, a seconda dei punti di vista, espressione di nobile libertarismo o interruzione di pubblico servizio. Già. Ma chi paga i danni?

Secondo lo stimato direttore scolastico del Lazio Rocco Pinneri il pagamento dei cocci della devastazione scolastica spetta, Ça va sans dire, a chi quella devastazione ha provocato. Sicché in una circolare ai suoi dirigenti scolastici Pinneri evoca il reato d'interruzione del pubblico servizio e chiedere “lo sgombero dell’edificio, avendo cura di identificare, nella denuncia, quanti possiate degli occupanti”. Il direttore dell’Usr, dopo aver parlato anche degli studenti che non partecipano alle azioni di protesta delle loro scuole, sottolineando il fatto che “le occupazioni violano il diritto costituzionale all'istruzione”, ha, banalmente, invitato a denunciare i danneggiatori. “Molte delle occupazioni già terminate hanno lasciato danni all'interno delle scuole. Danni che non possono avere alcuna valenza politica e che esprimono solo vandalismi", continua ancora Pinneri “in due scuole le occupazioni hanno condotto a contagi per l'inosservanza delle misure di prevenzione. Si ha notizia di altri comportamenti preoccupanti quali assembramenti su tetti privi di parapetto o in altri luoghi pericolosi e ordinariamente inaccessibili, mentre vengono consumate bevande che potrebbero diminuire i livelli di attenzione. Ciò suscita ansia in chi ha a cuore il benessere dei propri studenti. Al termine dell'occupazione occorrerà che chiediate a chi è stato identificato di risarcire la spesa per la sanificazione della scuola assieme a ogni eventuale danno, non essendo giusto che se ne debba far carico la collettività, cioè persino quegli studenti che non hanno occupato e che sono stati già danneggiati, per la violenza di alcuni compagni o di esterni, perdendo giorni di lezione”, si legge. E di conseguenza “agli occupanti identificati occorrerà anche applicare le misure disciplinari previste dal regolamento interno di ciascuna scuola e dell'occupazione si terrà conto nel determinare il voto in condotta”. Chi rompe i beni pubblici paga, codici penali e civili alla mano. Nulla di trascendentale. Anzi. Il minimo sindacale, direi.

Se non fosse che due parlamentari insigni del centrosinistra, Matteo Orfini (Pd) e Nicola Fratoiannni (Sinistra Italiana), rispettivamente un archeologo e un filosofo, presi da nostalgia delle contestazioni di gioventù, con negli occhi le mille repliche di Fragole e sangue il film cult di Stuart Hagmann e nel cuore l’imbrattamento murale scambiato per ribellismo esistenziale, be’, insorgono. E chiedono, i due, un’interrogazione parlamentare sulla circolare del direttore Pinneri, ritenuta troppo dura, oltreché in grado di suscitare eventuali “repressioni” degli spontanei e democratici moti di protesta. Orfini e Fratoianni sono voci importanti e assai ascoltate. Infatti le OO.SS, i sindacati della scuola, li ascoltano bene. E si buttano su un pippone sociologico, all’attacco non degli studenti devastatori bensì dei presidi dall’ansia poliziottesca. Il comunicato che ne esce è di questo tenore: “Le OO.SS. ritengono inopportuno che si contrapponga a questa forma di protesta, anche se estrema una repressione ispirata a rigidi criteri di mantenimento dell’ordine pubblico, priva di quell’ispirazione pedagogica ed educativa che sempre deve essere tenuta presente da chi ha il compito di curare la crescita umana e civile dei giovani a lui affidati”. Cioè: in nome dell’“ispirazione pedagogica ed educativa” sinistra e sindacati invitano il Pinneri a ritirare le sua nota. In una pregiata analisi sociologica, Eusebio Ciccotti su Formiche parla di un nuovo “diritto inalienabile” che va consolidandosi, quello alla contestazione studentesca in ogni -pur estrema- sua forma. E pone domande semplici semplici: si può, per esempio, per protesta, salire sui tetti dell’edificio (come in If…, 1969, di Lindsay Anderson, bandiera del free cinema inglese che cita Zéro de conduite di Jan Vigo, 1933), violando le leggi sulla sicurezza (a quel tempo assenti). Oggi la normativa lo vieta. Se un ragazzo cade e muore o rimane paraplegico, chi paga i danni? La scuola, i genitori? Quel settore dell’informazione, quei politici e quei sindacati che “dimenticano” di stigmatizzare atti illegali o fuori normativa? Si può dar fuoco alla cattedra nella citazione di un antico funerale vikingo? Si può usare l’Aula Magna come discoteca?

Va tenuto presente, naturalmente, che nella missiva ai presidi Pinneri, che dialoga più di Gandhi, non s’è mai sognato di reprimere alcunché. Ma al di là della poesia dell’insieme, alla fine, per le scuole ridotte a Dresda, appunto, chi paga? …

 

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