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Vincenzo De Luca spacca il Pd: rivolta Bonaccini, nessuno ascolta più Enrico Letta

Giovanni Sallusti
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Doppiopesismo politico -giornalistico del mainstream, puntata numero millecentoventisette. Questa volta, però, la contraddizione è così stridente che c’è da provare imbarazzo per gli ammaestratori orbi del circo pennivendolo italico, se solo costoro conoscessero il significato della parola. Mettiamo in fila i capitoli del racconto, operazione che incredibilmente non compie nessuno, perché la storia che ne risulterebbe non suona bene alle orecchie delicate e genericamente “progressiste” dell’establishment. C’è un governatore di una regione che da giorni
attacca il governo con toni che fanno sembrare Marco Travaglio un gentiluomo della Royal Society, in particolare sulla riapertura delle scuole prevista per domani.Addirittura, il tizio emette un’ordinanza in cui serra gli istituti, andando allo scontro frontale con Draghi, il Consiglio dei ministri, la maggioranza di unità nazionale.

Non si tratta peraltro di un presidente qualsiasi, ma di un profilo politicamente robusto e mediaticamente iper-riconoscibile, che governa una regione importante e dalle specificità spiccate come la Campania. Sì, il tizio è Vincenzo De Luca, ed è del Pd. Omeglio, in loco è “il” Pd, una sorta di Zaia capovolto, sinistrorso e meridionale, dominus assoluto del territorio. Un delle cose più gentili che ha detto dell’esecutivo è che «ha perso tre mesi senza far niente». Da Roma gli hanno risposto con artiglieria ugualmente pesante, annunciando la volontà di impugnare l’ordinanza (De Luca è riuscito nel miracolo di far dire qualcosa di aperturista persino al tardosovietico ministro Speranza: «L’indirizzo è e resta: scuola in presenza in sicurezza. Non vogliamo
che siano i più piccoli a pagare il prezzo di questa fase epidemica»). Dulcis in fondo, il numero uno campano è stato attaccato espressamente dall'altro governatore -starlette democratico, l'emiliano Stefano Bonaccini, che l'ha licenziato con un per nulla politichese «Non sono d'accordo».

OLOGRAMMA - Riassunto della notiziola politica, che non troverete nemmeno stamattina su alcun giornalone: un pesante presidente di Regione del Pd sta conducendo una guerra esplicita contro il governo sostenuto anche dal Pd, rimbrottato pubblicamente per questo da un altro rilevante governatore del Pd. Togliete "Pd" nel periodo precedente, sostituitelo con "Lega", e si sarebbe già scatenato l'inferno. molto meno, una battuta alla presentazione del libro di Vespa, una sfumatura in più o in meno sulla campagna vaccinale, un'alzata di sopracciglio di Giorgetti o un colpo di tosse di Fedriga (in ogni caso, non un atto politico-istituzionale promosso da un membro del partito contro il governo sostenuto dal partito stesso), si sono abbattute foreste per stendere le seguenti, equilibrate analisi. Lega irreversibilmente spaccata, leadership di Salvini al tramonto, congresso per farlo fuori nel giro di qualche settimana, i governatori contro il Capitano, il Capitano contro Draghi, un movimento allo sbando. Oggi, nessuno unisce i puntini già uniti dalla realtà, nessuno vede l'elefante nella stanza, direbbe Bersani: la guerra civile che imperversa ai massimi livelli del Partito democratico. Né nessuno imbastisce interviste maliziose, scova oscuri sottotenenti locali con improbabili sassolini da togliersi contro i vertici, seziona al microscopio virgolettati del governatore da rivoltare contro il segretario. Già, il segretario. Nessuno davanti a questo Ok Corral piddino verga le due sillabe fatidiche, "Let-ta", non compare nei titoli né in alcun inciso, pare un alieno, un ologramma riproiettato negli austeri uffici dell'Istituto Sciences Po di Parigi, nemmeno sfiorato dalle coltellate che volano in quello che sarebbe il suo partito, neanche lontanamente turbato dal dettaglio per cui un suo dirigente di spicco spara a palle incatenate contro quello che sarebbe anche il suo governo. Nessuno gli piazza un microfono davanti per chiedergli conto di queste enormità in serie, nessuno scrive editoriali insinuanti sulle sue capacità di leader, nessuno mette in dubbio la linea, o il fatto che ne esista una. È tutto un genere giornalistico-letterario, che viene meno, una sparizione fulminea che ha una spiegazione ben poco magica e fin troppo umana, chiamasi faccia di tolla collettiva.

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