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Mario Draghi, "iniziata la fase tre": cosa sa Senaldi, perché il premier ora ha le mani libere

Pietro Senaldi
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Draghi è tornato. Se stesso. Lo choc per essere stato respinto categoricamente dai partiti come capo dello Stato è riassorbito; non lo è però il risentimento per la bocciatura, che per il premier equivale a un tradimento di patto, poiché il Quirinale era il premio promessogli per aver salvato tutti un anno fa, liberando l'Italia da Conte e dal suo governo giallorosso, quando accettò Palazzo Chigi. Con la conferenza stampa di ieri il capo del governo ha ufficializzato l'entrata nella fase tre del suo mandato. La prima era stata quella dei super poteri legati alla gestione della pandemia e all'ottenimento dei fondi europei, dove l'ex banchiere è andato alla grande, a colpi di decreti e senza dialogare, agendo da amministratore delegato. Si è arrivati così al tempo della mediazione, con lo scopo di raggiungere il Quirinale. L'autocandidatura, gli articoli telecomandati della stampa straniera, le telefonate e gli incontri con i leader. Il premier ha provato a fare il politico di palazzo e non di visione e ha fallito. L'attuale periodo è quello della ripresa del potere, e passa per la riaffermazione della propria superiorità verso quelli che il premier ha chiamato in toni sprezzanti «i politici».

 

 

Draghi sa bene che l'anno in corso sarà diverso da quello passato. Bollette, materie prime, inflazione, la patata bollente della frode sul bonus ristrutturazioni, definita dal ministro dell'Economia, il fedelissimo Franco, seduto proprio accanto a lui, «una delle più grandi truffe della storia della Repubblica», il tutto condito con il monito di Mattarella appena reinsediato a non scavalcare il Parlamento con la disinvoltura finora dimostrata: l'agenda è fitta e pesa e l'anno pre-elettorale non promette nulla di buono. Il presidente del Consiglio, chiarendo ufficialmente la propria indisponibilità a scendere in campo in politica, e tantomeno a fare da pennacchio a uno schieramento piuttosto che a un altro, ha voluto far capire a tutti che non si farà strumentalizzare né tirare per la giacca. Non farà il parafulmini né il salvatore, visto che, come ha specificato, non ha bisogno dei partiti per trovare lavoro.

 

 

MANI LIBERE
Questo però, e Draghi è il primo a saperlo, non esclude - anzi favorisce - che la politica sia costretta in futuro a tornare a bussare alla sua porta se, per esempio, dalle urne del 2023 non uscirà una maggioranza di governo. Quindi il premier si tiene le mani libere e riprende a elevarsi sopra i partiti: non venire a patti è l'unico modo per conservare autorevolezza e potere e non precludersi non solo e non tanto una proroga a Palazzo Chigi, a cui l'ex banchiere non tiene granché, bensì eventuali, e più ambite, altre cariche di nomina politica, dal Quirinale, casomai il presidente si ritirasse anzitempo, alla Commissione Europea. Ma a patto di non schierarsi mai per gli altri e mai più per se stesso, perché se scende in campo, Super Mario perde i super poteri.

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