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Green pass, indiscrezioni sconcertanti su Roberto Speranza: la sua unica ragione di vita...

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Gli ultimi giapponesi del Green pass tengono duro e non vogliono mollare nemmeno di fronte a Giuseppe Conte che ha portato il suo Movimento Cinque stelle (o ciò che ne resta) sulle rive del buon senso smarrito, invocando la rimozione del dispositivo dai luoghi di lavoro. Ieri, non senza qualche imbarazzo, gli ha risposto indirettamente il leader dello stato maggiore greenpassista, il ministro della Salute Roberto Speranza: «Penso che dobbiamo valutare passo dopo passo... Proseguirà il confronto nel governo e tra governo e Parlamento, valuteremo la strada migliore». La strada di Speranza coincide grosso modo con un arabesco dialettico e sfocia nel rifiuto di ammettere la verità per trarne le dovute conseguenze: «È un percorso di fiducia che guarda a una fase nuova, ma di gradualità, perché questo è il metodo che ci siamo dati, e finora ha portato a risultati che credo siano sotto gli occhi di tutti». Vedremo se e cosa obietterà l'ex premier protagonista del lockdown e delle zone rosse, colto due giorni fa da una luce di resipiscenza: «La situazione relativa al Covid in questo momento sta migliorando» e il governo è chiamato a elaborare un «un piano di revisione globale di tutte le misure»; in particolare del lasciapassare "rafforzato", divenuto una camicia di forza incongrua per la maggior parte degli italiani. Ma sopra tutto per la maggioranza parlamentare. 

 

Ed eccoci a un punto politico di primaria importanza. Lodando la svolta aperturista di Conte, Matteo Salvini non ci ha mostrato soltanto un idem sentire tra ex sodali e poi ex nemici e infine di nuovo alleati nel governo di emergenza presieduto da Mario Draghi. Il leader leghista segnala in modo implicito che in Parlamento sta prendendo corpo un blocco maggioritario formato dagli ex gialloverdi più i Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni e un manipolo di cani sciolti del Gruppo misto e perfino qualche coscienza infelice di Forza Italia. Tutti consapevoli che l'inevitabile compressione delle libertà collegate alla pandemia sia ormai anacronistica. Complici la guerra russo-ucraina, probabilmente, e gli indicatori sanitari che certificano una flessione nei contagi e nell'impatto della variante Omicron indebolita dalla sua stessa natura e dalla diga dei vaccini. Dunque, che fare? Asserragliati nel bunker del ministero della Salute, ovvero rifluiti dalla ribalta mediatica nei loro laboratori, Speranza e i suoi virologi sembrano presi alla sprovvista, insieme con le prefiche del valoroso generale Figliuolo in onorevole dismissione. Prendiamo il caso di Walter Ricciardi, il consulente ministeriale nonché igienista alla Cattolica di Milano che ha rappresentato finora l'ala dura della dottrina claustrale governativa. 

 

Come sta reagendo? Malissimo. Ancora assiso sul trespolo dell'apocalisse virale, è lì che rivendica: «Io passo per menagramo ma basta usare i dati... la pandemia non è finita perché c'è la guerra in Ucraina». Riecco perciò il monito oracolare: «In Italia avremo una buona primavera e una ottima estate, ma dobbiamo prepararci per l'autunno. Liberarci di tutte le misure è un errore, che se facciamo per la terza voltaci ricondurrà a quello che abbiamo conosciuto». Oltretutto - timore o auspicio, chissà - Ricciardi fa notare che i profughi in arrivo dall'Ucraina sono per lo più privi di copertura vaccinale e quindi il minimo che si possa fare è mantenere gli italiani ancora in libertà condizionata... Ma non è solo, il menagramo Ricciardi. Fosse per Fabrizio Pregliasco, docente della Statale di Milano e direttore dell'Istituto Galeazzi, l'attuale sistema di restrizioni dovrebbe procedere «sino alla fine naturale, prevista il 15 giugno prossimo». Anche l'epidemiologo ed ex assessore alla Sanità della Regione Puglia, Pier Luigi Lopalco, mantiene la posizione su Green Pass e mascherine. Dopotutto sono Speranza e il suo vice Pierpaolo Sileri (in quota grillina!) a offrire sempre una copertura dall'alto, attestati sulla linea oltranzista. Salvo poi voler concedere ai disgraziati ucraini ciò che a noi è ancora negato: «Niente Super Green pass, offriremo vaccini e tamponi ai rifugiati», ha promesso il sottosegretario. 

In un quadro più generale, è naturalmente plausibile che non abbia torto il direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, quando suggerisce che «è troppo presto per dichiarare vittoria sul Covid-19» poiché altre possibili varianti incombono dai Paesi con scarse vaccinazioni e tracciamenti inesistenti. Guai ad abbassare la guardia, ovvio. E tuttavia qui, in Italia, la nuda forza dei fatti induce a credere che il lasciapassare al più tardi farà la fine dell'agnello pasquale, proprio in coincidenza con le festività di metà aprile. E cioè a quasi un mese dalla fine dello stato d'emergenza pandemico previsto per il 31 marzo. Sarebbe questa la consolazione per il virus-club di Speranza? Sempre se, per l'appunto, l'avvocato di Volturara Appula - con la Lega, Meloni e altra fanteria parlamentare a rimorchio - non decida di dar seguito alle proprie parole e forzare risolutamente per sbaraccare da subito il feticcio degli ultimi giapponesi.

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