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Quali armi sta fornendo l'Italia all'Ucraina: farsa svelata, il confronto con Lettonia e Slovacchia

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No, non siamo al centro del mondo. Se parliamo di forniture di armi all’Ucraina, il peso italiano nella partita è inferiore a quello di Estonia e Slovacchia, il che rende un po’ forzati certi discorsi sul nostro ruolo in un’eventuale escalation. Ovvio,il dibattito nasce soprattutto per una questione di principio: un po’ come quel famoso industriale napoletano che durante la Grande Guerra preferì lasciar fallire la sua conceria piuttosto che rifornire di guanti l'esercito, perché non voleva che i ragazzi morissero con la sua "roba" addosso.

 

 

 

Al di là dell'idea, però, c'è poco: la scelta tra burro e cannoni non è nostra. Per rendersene conto basta leggere l'ultimo report pubblicato dal Kiel Institute for World economic (uno dei più importanti think tank europei e mondiali in Economia internazionale). Il centro studi tedesco ha pubblicato un'analisi contenente alcune classifiche sui Paesi che stanno sostenendo lo sforzo bellico di Kiev, sia sul piano finanziario che su quello militare. Nei primi due ambiti, vince complessivamente l'Unione europea con quasi 13 miliardi di spesa, perché oltre al contributo dei singoli Paesi bisogna sommare quello della commissione. Gli Stati Uniti da soli superano di poco i 10 miliardi di dollari. Mentre l'Italia, come singolo paese, non fa molto (come si vede nella tabella riprodotta qui a fianco). Siamo più o meno a pari del Lussemburgo.

 

 

 



SOLO DECIMI - Poi c'è la classifica delle armi (quella che pubblichiamo in prima pagina). Il nostro Paese, sulle 31 nazioni prese in esame, occupa il decimo posto, il che in parte spiega perché il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ci ha definito una delle nazioni "in prima fila" nella lotta al regime di Putin. Facciamo la nostra parte, ma con cifre che non sono neanche lontanamente paragonabili a quelle investite da Polonia, Germania e Regno Unito. Siamo dietro anche alla Lettonia, per una ragione che si comprende leggendo un'altra tabella, quella relativa agli stanziamenti in rapporto al Pil degli Stati: più ci si avvicina al confine russo, più i governi sono disposti a sacrificarsi per finanziare l'azione di Volodymyr Zelensky.

PRESTITI - Nel complesso, anche in relazione alle spese militari ci sono alcune differenze. Certi Paesi, come il Giappone, hanno spedito denaro legandolo all'acquisto di materiale bellico o hanno concesso prestiti. Altri, come il nostro, hanno invece preferito inviare direttamente una parte del proprio arsenale. Di conseguenza, bisognerebbe pure valutare come viene calcolato il valore di questi armamenti. Anche se la lista delle donazioni resta segreta, notoriamente la qualità delle armi spedite dall'talia finora non è paragonabile a quella garantita da Stati Uniti e Regno Unito. Washington e Londra hanno scaricato all'est i temuti (dai russi) anti-carro Javelin, artiglieria pesante e droni. La Polonia a sua volta ha impiegato i suoi carri. Il resto dell'Europa ha concesso solo piccoli quantitativi di materiale bellico. E i nostri missili anti-aereo e anti carro sono di vecchia generazione. In generale, si tratta di risorse che già oggi sono finite "in riserva", mentre per altre armi pesanti la discussione è ancora in corso.

 

 

 


I problemi sono diversi. Nello Stato maggiore - come Libero ha già segnalato nelle scorse settimane - non tutti condividono la scelta di "alleggerire" le proprie disponibilità spedendo armi all'Ucraina. L'Esercito ha già meno risorse di Aeronautica e Marina e vedere i magazzini svuotati preoccupa. Si potrebbero impiegare i famosi Lince, mezzi blindati già utilizzati in Afghanistan. Mentre per quanto riguarda l'artiglieria e i carri armati la nostra disponibilità è limitata. Detto in altri termini, se fosse solo per noi la scelta tra guerra e trattativa non si porrebbe neanche: ci saremmo già arresi da un pezzo.

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