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Giuseppe Conte alleato del Cremlino? Con la sua linea, l'Italia perde credibilità

Fabrizio Cicchitto
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Caro direttore, probabilmente i servizi americani che nel passato hanno dato a Biden informazioni assai precise sulle intenzioni di Putin di invadere l'Ucraina (e allora francesi e tedeschi accusarono gli americani di allarmismo) in questi ultimi giorni gli hanno complicato la vita: per un verso la vanteria passata al New York Times che gli ucraini avevano potuto abbattere un certo numero di generali russi per le informazioni ricevute dalla Cia, per altro verso che il 9 maggio Putin avrebbe annunciato l'apocalisse. Siccome Putin ha escluso la guerra totale, allora tutti hanno tirato un sospiro di sollievo e ne hanno tratte conseguenze ottimistiche.
A nostro avviso le cose stanno in modo diverso. Al dunque, nella realtà, Putin non può porsi sul terreno dell'apocalisse (uso delle armi atomiche) e della guerra totale perché quando si passa dagli imbonitori che parlano nelle televisioni russi (e qualcuno in modo sistematico anche in quelle italiane) e ci si misura con la realtà Putin sa benissimo che gli Usa e la Gran Bretagna sono largamente dotati anch' esse di armi atomiche e che quindi nessuna delle due parti può scherzare troppo. Putin non ha annunciato l'apocalisse, ma non ha neanche aperto alla pace e alla trattativa. Esperti come Brenner e come Galeotti hanno colto quello che emerge dal discorso di Putin: «la retorica dello zar prepara a una guerra di lunga durata e dal leader nessuno spiraglio per la diplomazia». Infatti non un filo americano, ma qualunque persona di buon senso può accettare la versione di Putin secondo il quale la Russia ha dovuto giocare di anticipo perché un'Ucraina nazificata e armata dalla Nato stava per aggredirla. Questa versione del tutto falsa serve però a motivare la continuazione della guerra, l'occupazione di una larga parte del territorio ucraino anche se con ritmi assai lenti e la distruzione di un'altra parte.
Non vediamo in tutto ciò il pericolo che Putin venga umiliato, ma invece il rischio che, alla lunga, la resistenza ucraina venga rasa al suolo specie se si seguisse la linea proposta dai Conte di turno di bloccare l'aiuto militare da parte dell'Occidente «per favorire la pace», cioè la resa.
In questo contesto per ciò che riguarda il nostro Paese sono apprezzabili tre cose: il ruolo di Draghi nei termini proposti dal direttore Sallusti («in Usa si vedrà quanto pesa il premier», su Libero di ieri), la ferma scelta di stampo Atlantico fatta da Giorgia Meloni, la proposta avanzata da Enrico Letta che i presidenti del Consiglio di cinque nazioni europee (Italia, Francia, Germania, Spagna e Polonia) si rechino a Kiev e a Mosca per puntare a una tregua immediata in funzione dell'apertura di una trattativa. In questo modo si combinerebbe insieme la conferma della solidarietà fra l'Ue e gli Usa e anche il ruolo autonomo dell'Europa. Se invece le suggestioni di Conte si facessero strada nel nostro Paese, l'Italia rischierebbe di perdere la sua attuale credibilità regredendo in un cliché ben noto, quello di un Paese che cambia le alleanze ad ogni stormir di fronda.
 

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