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Stefania Craxi alla Commissione Esteri, ora imiti papà Bettino su Sigonella

Corrado Ocone
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Che i Cinque Stelle non abbiano più la presidenza della Commissione Esteri del Senato è una buona notizia, e tutto sommato una prova di maturità e responsabilità da parte della maggioranza che ha affossato nelle urne la candidatura di Ettore Licheri. Certo, quest' ultimo non è un filoputiniano enfatico come Vito Petrocelli, il presidente uscente, ma in questo momento non si poteva affidare una Commissione centrale all'esponente di un partito che ha una posizione a dir poco ambigua sulle nostre storiche alleanze.

Perché, nel caso del movimento di Grillo, soprattutto nell'ala che fa riferimento a Conte, di questo si tratta: contestare a Draghi di non avere un mandato politico nel rifornire di armi la resistenza ucraina, e distinguere come l'azzeccarbugli manzoniano fra armi offensive e armi difensive, non fa parte di una normale dialettica politica ma finisce per trasmettere un equivoco segnale all'esterno. Soprattutto in considerazione del fatto che il Movimento resta in Parlamento il partito di maggioranza relativa. La domanda che politici responsabili dovrebbero farsi è questa: come si possono conciliare le diversità di opinioni, salutari anche su un tema come la guerra, senza però arrivare a mettere in dubbio quell'asse democratico che lega il nostro Paese agli altri occidentali? Senza dubbio, essere in un'alleanza non significa essere subalterni alle decisioni altrui, né mettere da parte i propri interessi nazionali, né prostrarsi ad esso sino a perdere la propria dignità.

Ma proprio perché si è alleati bisogna sempre calcolare i modi e i tempi giusti per manifestare i propri distinguo, senza dimenticare che è in gioco la nostra difesa e sicurezza. E ciò andrebbe fatto tenendo conto degli effettivi rapporti di forza nell'alleanza. Ad esempio è giusto che gli europei chiedano agli Stati Uniti risarcimenti per gli effetti di un eventuale embargo totale al petrolio e al gas russi, qualora lo si decidesse: stare in un'alleanza significa anche ripartirsi certi costi e avere una contropartita in casi come questo.

Così come è giusto chiedere a Biden di moderare i toni per facilitare un negoziato di pace. Ma anche il problema della pace, che è l'aspirazione di ogni uomo di buona volontà, non va posto in senso astratto: bisogna chiedersi "quale pace?". È pace quella che assegnerebbe alla Russia territori conquistati con la prepotenza e contro la volontà, fino a prova contraria, di chili abita? La neoeletta presidente della Commissione, Stefania Craxi, ha messo subito in chiaro, senza ambiguità, nelle sue prime dichiarazioni, certi principi inderogabili. Fra l'altro, il suo nome, per una inevitabile associazione di idee, richiama quello del padre, ovvero ricorda quell'episodio di Sigonella che lo vide protagonista da presidente del Consiglio. La decisione di non consegnare agli Stati Uniti l'equipaggio di un aereo dirottato fece infuriare i nostri alleati, ma alla fine fu apprezzato dal presidente Reagan, che aveva capito che per l'Italia era in gioco una questione di principio: preservare la sovranità e territorialità nazionale. Craxi dimostrò allora come si può stare in un'alleanza senza perdere in dignità. Ma poté farlo perché nessuno, oltre Atlantico, poteva minimamente dubitare della granitica fedeltà atlantica del nostro Paese. Il che non si può dire oggi di Grillo, Conte e pentastellata compagnia cantando

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