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Sondaggi, il dato-terremoto che ribalta il quadro: chi non va più a votare

Alessandro Gonzato
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«Dal voto ideologico ormai siamo passati a quello economico, anche perché le ideologie non esistono praticamente più: gli elettori a basso reddito, dalla politica, vogliono aiuti concreti, e se la politica non è in grado di darglieli tranne a spot e a una platea molto ristretta come nel caso del reddito di cittadinanza, le fasce meno abbienti non vanno più avotare, ne abbiamo avuto la certificazione». È tranciante l'analisi di Carlo Buttaroni, fondatore e presidente dell'Istituto demoscopico Tecnè, pochi giorni dopo i ballottaggi delle elezioni amministrative. Al primo turno, il 12 giugno, stando alle rilevazioni di Tecnè era andato a votare soltanto il 28% degli elettori a basso reddito, contro il 63% di quelli a reddito medio e il 79% di quelli a reddito alto. «Al ballottaggio», spiega a Libero Buttaroni, «l'astensionismo è cresciuto ulteriormente e la fascia meno abbiente ha disertato le urne ancora di più». Di questi tempi un anno fa Enrico Letta prometteva agli italiani che il Pd non sarebbe stato più il partito della Ztl. Lunedì scorso, l'indomani delle amministrative, il suo vice, l'ex ministro Giuseppe Provenzano, ha rilanciato affermando che sulla scia dei successi di alcune città tra cui Verona i Dem non sono più solo il partito dei residenti del centro storico, ma anche in questo caso le analisi di Tecnè dicono altro.

 

 


PARADIGMA ROVESCIATO
«Certo, c'è stato un recupero nelle altre zone della città, ma non parliamo di grandi numeri, anche perché la grande maggioranza degli elettori meno abbienti vota centrodestra. Sì: il vecchio paradigma della sinistra che rappresenta i deboli si è completamente rovesciato». L'inizio della grande disaffezione verso la politica tra le persone più in difficoltà, sottolinea Buttaroni, è iniziato con forza nel 2008: «La crisi finanziaria ha spinto il ceto medio in basso e l'ha fatto diventare una fascia fragile, è stato un passaggio epocale, queste persone in varie conferenze le abbiamo chiamate i "penultimi", è un termine brutto ma rende bene l'idea di cos' è accaduto, e va comunque sottolineato che in Italia non abbiamo mai avuto un ceto medio particolarmente forte perché abbiamo una pressione fiscale folle che comprime tantissimo i redditi. Finché resistevano ancora le ideologie, come dicevamo, una fetta importante della popolazione aveva una ragione per andare a votare: poi ha iniziato a disinteressarsi alla politica, in parte anche all'elezione dei propri sindaci, e questo è un altro dato da non sottovalutare. Un ruolo fondamentale in quest' ultima tornata lo hanno svolto i candidati a supporto dei sindaci, quindi il voto di preferenza dei singoli consiglieri».

 

 


Il fondatore di Tecnè ci tiene a una precisazione: «Vanno analizzati sia il primo turno che il secondo, lo dico perché alcuni giornali e trasmissioni hanno scritto e detto che le elezioni le ha vinte il Pd, ma francamente mi sembra un po' esagerato, perché il primo turno ha avuto tutt' altro segno, e vanno guardati i dati nella loro interezza, non in modo parziale. Io direi che il centrodestra, seppur in qualche caso diviso, si è confermato la coalizione che raccoglie la maggioranza dei consensi degli italiani: le ultime elezioni dicono questo, almeno come appartenenza ai grandi gruppi. L'altro elemento chiaro è che è tornato il bipolarismo: la tendenza s' era notata già lo scorso ottobre, ma adesso si è notevolmente rafforzata».

 

 


QUANTA PROPAGANDA
Il centrosinistra non fa più presa sugli "ultimi", o i "penultimi", ma questo stando ai numeri gli fa gioco, perché più cresce l'astensionismo e più le percentuali del Pd e dell'intero "campo largo" sono destinate a crescere: «Confermo», conclude Buttaroni, «perché se è vero che alle politiche l'astensionismo diminuisce sensibilmente rispetto alle amministrative, è altrettanto vero che la forbice tra il voto del ceto medio-alto e quello basso si allarga sempre di più, favorendo, sulla carta, il centrosinistra». Insomma - lo diciamo noi - l'obiettivo di Letta e del campo progressista è che sempre più persone perdano fiducia nella politica. 

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