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Sergio Mattarella, "non potete permettervelo": come ha gelato Draghi e Conte

Fausto Carioti
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Quando la regia passa nelle mani del presidente della repubblica, significa che la situazione si è fatta difficile. È ciò che è appena accaduto e, anche se ad Enrico Letta piace raccontarla in modo diverso, il pericolo per il governo non è Matteo Salvini. Nessuno, né a palazzo Chigi né al Quirinale, crede infatti che il capo della Lega intenda uscire dalla maggioranza perché il Pd si accinge a replicare il copione già visto con il ddl Zan, puntando stavolta sulla liberalizzazione della cannabis e la concessione della cittadinanza tramite lo ius scholae.

 

 

CONTE, VERSIONE QUIRINALIZIA
Il fattore destabilizzante è Giuseppe Conte, o meglio la folta ala barricadiera dei parlamentari rimasti nel movimento, che potrebbe spingere il giurista pugliese a compiere lo strappo. Ipotesi che lui, peraltro, durante l'ora di colloquio avuta mercoledì sera con Sergio Mattarella, incalzato dal capo dello Stato, ha escluso in modo categorico: sia sotto forma di trasloco diretto all'opposizione, sia nella versione "soft" del ritiro dei ministri e del passaggio all'appoggio esterno. Anche tra i suoi, ieri, c'era chi provava a derubricare gli attacchi mossi negli ultimi giorni a Mario Draghi come «una drammatizzazione di Casalino, che Conte ha già Il capo dello Stato Sergio Mattarella (80 anni, foto La Presse) ,z1z.. provveduto a correggere. Non c'è intenzione di uscire dal governo».

Ieri mattina il compito di salire al Colle e parlare con Mattarella è toccato al premier. Un colloquio motivato ufficialmente dalla necessità di raccontare quanto avvenuto nei tavoli internazionali ai quali Draghi ha partecipato nei giorni scorsi (riunione dei leader della Ue, summit G7, vertice Nato), ma utile anche per confrontarsi sulle fibrillazioni nella maggioranza. Mattarella ha voluto capire le intenzioni del capo del governo e ne ha tratto la convinzione che non intenda mollare, sebbene infastidito dal tasso di litigiosità nell'alleanza e da- gli attacchi che gli sono stati mossi dallo stesso Conte e da altri esponenti dei Cinque Stelle. Dopo qualche ora, infatti, gli uffici di palazzo Chigi faranno sapere che Draghi si è impegnato con Mattarella ad «andare avanti». S' intende: a patto che ognuno, inclusi Conte e i suoi, faccia la propria parte. Al termine del consiglio dei ministri, il premier dirà il resto. E cioè che questo è «l'ultimo governo della legislatura» che intende guidare, poiché non è disponibile ad accettare cambi di maggioranza né ritocchi: «Il governo è nato con il M5S, non si accontenta di un appoggio esterno».

Anche se Draghi si dice «ottimista» sul futuro dell'esecutivo, il bilancio che si tira sul Colle dopo le "consultazioni" con Conte e il suo successore non autorizza entusiasmi. L'allarme per una crisi imminente non c'è. Ma la preoccupazione per l'alzarsi della tensione nella maggioranza e perla consapevolezza che aumenterà ancora, quella sì. Chi ne ha parlato con Mattarella sottolinea pure il pericolo rappresentato da un'interruzione traumatica della legislatura: «Se si rompe adesso e si vota dopo l'estate, saltano il Pnrr e la legge di bilancio. Siamo un Paese che se lo può permettere?». Ragionamento che, nel colloquio al Quirinale, senza dubbio è stato fatto allo stesso Conte.

 

 

LA MINACCIA DEL PD
Proprio la minaccia di un'apocalisse è l'arma con cui i democratici provano a raffreddare le velleità degli alleati. «Appoggi esterni, cambi di squadra nel governo, comporterebbero probabilmente la fine della legislatura», dice Letta. Parla alla direzione del suo partito, ma il destinatario è il leader dei Cinque Stelle. Un alto dirigente del Nazareno, vicino al segretario, mette in giro la voce che tutto è già pronto: se il M5S passa all'appoggio esterno, Draghi si dimette, Mattarella fa le consultazioni e, preso atto dell'impossibilità di formare un nuovo governo, scioglie le Camere e lascia che si vada alle elezioni a settembre, sotto la guida di Draghi, che resterebbe in carica per gli affari correnti.

Così il movimento pentastellato non solo non potrebbe godersi quei mesi di opposizione sui quali tanti suoi esponenti contano per recuperare consensi, ma si prenderebbe la colpa della tempesta finanziaria che colpirebbe l'Italia, e i suoi eletti alla prima legislatura nemmeno maturerebbero il diritto al vitalizio, che scatterà il 24 settembre. Una catastrofe completa. In realtà un disegno simile, al momento, è solo un'invenzione del Pd. Ma anche questa serve a far capire ai grillini che il biglietto per uscire dal governo ha un prezzo altissimo. Motivo per cui la resa dei conti è attesa dopo l'estate, plausibilmente a ottobre: solo un "incidente" parlamentare, magari provocato dai Cinque Stelle all'insaputa di Conte, potrebbe farla scattare prima. Non da escludere, visto il livello di nervosismo lì dentro.

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