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Governo, ecco la data del voto anticipato. Il "no" di Sergio Mattarella

Elisa Calessi
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L'incontro non era previsto. E già questo racconta l'importanza del colloquio tra Mario Draghi e Sergio Mattarella, motivato, come è evidente, da quello che è accaduto alla Camera, dove il M5S non ha votato il decreto Aiuti. Soprattutto, il premier ha voluto confrontarsi col presidente della Repubblica in previsione di quello che potrebbe accadere giovedì, quando il decreto arriverà in Senato e il M5S potrebbe uscire dall'Aula, nonostante la fiducia (a Palazzo Madama, infatti, il voto di fiducia e quello sul provvedimento non si possono separare). Una scelta che potrebbe portare al ritiro dei ministri dal governo. Ma anche qualora non accadesse, sarebbe una frattura difficile da ignorare.

 

Il colloquio è durato poco più di un'ora. Secondo fonti del Quirinale è stato fatto un esame della situazione politica internazionale e nazionale. Mattarella ha riferito al premier del suo recente viaggio in Africa. Per quanto riguarda le questioni che interessano la maggioranza e il governo alla luce dell'atteggiamento del M5S e l'incognita sul voto di fiducia al Senato «il capo dello Stato non ha commentato eventuali scenari». Insomma dal Colle, per ora, non si fa nessuna valutazione sulla situazione politica della maggioranza. Del resto, Mattarella si guarda bene dall'intervenire sulle evoluzioni politiche.

Da Palazzo Chigi la versione è molto simile: al centro del colloquio ci sono stati gli esiti dei recenti incontri in Africa del Capo dello Stato, in Mozambico e Zambia. Ma è stata passata in rassegna anche «la situazione politica internazionale, nazionale ed economica». Difficile, però, immaginare che non si sia parlato di quanto accaduto a Montecitorio e di quello che potrebbe accadere giovedì al Senato. Già la scelta di salire al Colle è un preciso segnale del premier, un modo per non minimizzare quanto accaduto, ma di restituirne il suo pieno valore. Se un partito di maggioranza non vota un decreto del governo non è un atto che può essere ignorato. Draghi è stato molto chiaro nelle scorse settimane: questo governo esiste, se c'è anche il M5S. Potrebbe andare avanti senza? Matteo Renzi, ieri, ha già risposto alla domanda, dicendo che sì, dovrebbe andare avanti comunque. Ma non tutti la pensano così.

 

La mossa di Silvio Berlusconi, che ieri ha chiesto una verifica di maggioranza, lascia intendere che la posizione di Forza Italia sia diversa. Perché, a questo punto, non votare a ottobre? Nel centrodestra la tentazione comincia a farsi sentire. Per Matteo Salvini sarebbe il modo per frenare l'emorragia di consensi a favore di Giorgia Meloni. E anche in Forza Italia c'è un pressing per votare a ottobre. Su questa linea è Antonio Tajani.  Anche Enrico Letta comincia a valutare l'ipotesi, nonostante grande parte dei dem sia contraria. Ragionamenti che si incrociano con la crescente stanchezza di Draghi. Il premier, riferisce chi lo ha incontrato nelle ultime settimane, è stanco dei "giochetti" dei partiti. Stanco e infastidito. 

In particolare del M5S. Non ne può più dei tatticisimi, degli ultimatum, delle pretese crescenti, di un gioco al rialzo motivato solo da calcoli elettorali. Teme altri mesi di guerriglia quotidiana. Non intende farsi logorare. Mattarella, però, non vuole sciogliere il Parlamento in piena sessione di bilancio e con il Pnrr nella fase conclusiva. Si rende conto della delicatezza del momento. E ieri lo ha ripetuto a Draghi. Una crisi ora sarebbe un dramma per il Paese. Se il M5S dovesse tirarsi fuori, bisognerà andare avanti lo stesso. Nei Palazzi già si parla di un Draghi bis. Ipotesi per ora prematura. Ma, intanto, se ne parla.

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