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Enrico Letta, la mappa che terrorizza il Pd: collegi ed elezioni, come andrà a finire

Fausto Carioti
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«Ci sono trenta collegi al Senato e sessanta alla Camera da cui dipenderanno le elezioni. Siamo sotto di 5-8 punti, dobbiamo scegliere il candidato giusto. E la gente va a vedere se c'è il paracadute oppure no». Enrico Letta ha finito da poco di pronunciare queste parole davanti ai terrorizzati parlamentari del Pd («Ma che vuol dire? Ci candida nei collegi senza il salvagente nel proporzionale?») quando l'incubo di tutti loro si materializza su cellulari. È uno studio di sei pagine dell'istituto Cattaneo di Bologna, sede in Strada Maggiore, a cento metri dalla casa di Romano Prodi. Palazzi storici che un tempo erano simboli di vittorie e rendite di posizione garantite, e da cui ora arrivano avvertimenti che suonano come note di requiem. Il Cattaneo, quando sentenzia sui flussi di voto e la sinistra, è la cosa che più somiglia alla corte di Cassazione.

Questo studio qui è una simulazione dal titolo che più asettico non si può: «Elezioni 2022: ai nastri di partenza. I numeri che spiegano le elezioni anticipate e faranno capire come cambiano i partiti». Lo firmano due accademici, uno è Salvatore Vassallo, direttore dell'istituto Cattaneo, apprezzato politologo e deputato del Pd dal 2008 al 2013, marito di Elisabetta Gualmini, europarlamentare piddina in carica e presidente dello stesso istituto prima di lui. Pagine scritte dai democratici per i democratici, uno psicodramma politico che si consuma in una comunità autoreferenziale.

In quei pochi fogli ferali, la prima cosa che colpisce sono i colori. Ci sono due mappe dell'Italia: una mostra i 147 collegi uninominali della Camera, l'altra i 74 collegi uninominali del Senato. Da ognuna di quelle sfide uscirà un solo eletto, il candidato che prenderà almeno un voto più degli altri. In pura teoria, quei seggi potrebbero andare tutti ai candidati di una stessa coalizione. Il resto della ripartizione dei seggi è proporzionale: se il centrodestra avrà il 46% dei voti (la stima che oggi gli è attribuita), prenderà all'incirca il 46% dei parlamentari; ma lì, in quelle 221 battaglie, si deciderà chi governerà il Paese nei prossimi cinque anni.

 

L'UNICA COSA CHE CONTA
Quelle due mappe, quindi, non sono importanti: sono l'unica cosa che conta. Per dare un'idea della situazione già a colpo d'occhio, l'istituto Cattaneo ha colorato i collegi: blu intenso quelli «blindati per il centrodestra», rosso borgogna quelli «blindati per il centrosinistra» e in mezzo bianco (a indicare i collegi in cui se la giocano alla pari) e gradazioni di azzurro e rosa. Il giallo non serve più, il M5S nei collegi non tocca palla. E il dramma, per il Pd e i suoi alleati, è proprio l'assoluta predominanza cromatica di blu, azzurro e celeste, in ambedue le mappe. Pochissime le enclave rosse.

Nella mappa della Camera appare un solo collegio blindato per il centrosinistra: Bologna. Un puntino rosso che sembra Kaliningrad, ma senza i missili di Putin a difenderlo. I collegi blindati per il centrodestra invece non si contano: a nord e a nord-est della Penisola, e a sud di Roma, dove Fdi ha le sue fortezze. Blu dipinto di blu anche la mappa dei collegi uninominali del Senato: l'unica macchia rosso scuro è all'altezza di Firenze. Qualche spruzzatina di rosa qua e là, nelle Ztl di Torino, Milano, Roma e Napoli, e in ciò che resta della ridotta del valico appenninico. Il resto è la grande paura dei candidati progressisti che prende forma e colore.

 


I numeri del prossimo parlamento sono la conseguenza di queste tinte. La simulazione è stata fatta considerando tre schieramenti in competizione: un centrosinistra il più allargato possibile, che tiene nel proprio perimetro, accanto al Pd, Sinistra Italiana, Verdi, Azione (Calenda), Italia Viva (Renzi) e Insieme per il Futuro (Di Maio). Tutti tranne i Cinque Stelle, insomma, che vengono considerati da soli e infatti escono a pezzi dalla prova (29 deputati, 13 senatori, nessun eletto nei collegi uninominali). Infine, la coalizione composta da Fdi, Lega e Forza Italia.

OBIETTIVO COSTITUZIONE
Il risultato previsto è la vittoria del centrodestra in circa il 70% dei collegi uninominali di Camera e Senato, che gli consentirebbe di avere il 57% degli eletti di Montecitorio (228 su 400) e il 58% di quelli di palazzo Madama (117 su 200). Numeri solidi, a metà tra la maggioranza semplice e quei due terzi delle Camere che consentirebbero di riscrivere la Costituzione senza sottoporre il nuovo testo al referendum confermativo. All'intero centrosinistra resterebbero 141 deputati e 68 senatori: poco più di un terzo delle assemblee legislative.

 

Tutto questo è stato calcolato partendo dai voti delle Europee, ricalibrati tenendo conto dei sondaggi. «Abbiamo prodotto la stima che a nostro avviso risulta più affidabile sulla base dei dati disponibili», spiegano all'istituto Cattaneo, consapevoli che da qui al 25 settembre le cose potranno cambiare. Ma «eventuali scostamenti dalle tendenze rilevate nei mesi precedenti», avvisano, «potrebbero riguardare più i singoli partiti che le tre principali aree politiche considerate in questa stima». Inoltre, «la situazione di partenza pare tale che solo cambiamenti davvero drastici nelle intenzioni di voto potrebbero portare ad un risultato sostanzialmente diverso».

Per il centrosinistra, peraltro, le cose potrebbero anche andare peggio. A nessuno, nel Pd, è sfuggito che nella simulazione dell'istituto Cattaneo l'alleanza che si oppone al centrodestra comprende sia Carlo Calenda che Matteo Renzi. Ma oggi nessuno dei due può essere considerato un acquisto sicuro, tantomeno il fiorentino. Se il centrodestra quindi può ancora perdere, litigando e dividendosi, il centrosinistra è in tempo a suicidarsi definitivamente, consentendo che i suoi avversari abbiano in parlamento i numeri per riscrivere da soli la Costituzione.

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