Cerca
Logo
Cerca
+

Mara Carfagna, una beffa atroce: qual era il suo piano fino a pochi giorni fa

Antonio Rapisarda
  • a
  • a
  • a

Da Forza Italia a Fratoianni e Speranza, passando con "Azione" a fare la stampella del Pd di Enrico Letta. Così Carlo Calenda, come si fa con i vecchi amici, ha appena rinnovato il sodalizio: guarda caso nel momento del bisogno. Altro che sogni di centro liberale e draghismo rampante. È finita, al contrario, con Mara Carfagna e Mariastella Gelmini sacrificate politicamente sull'altare della "ragion di Stato" della solita sinistra: fare l'ammucchiata per sbarrare la strada - o almeno complicare la vita - al centrodestra. Proprio ciò che Calenda negava, col consueto tono sprezzante, di voler fare: a maggior ragione con i grillini pentiti e la sinistra ambientalista e radicale. E invece è finita esattamente così.

 

FIGURE DIVISIVE
Il "grande affare" prevede nessun collegio uninominale blindato per le ex ministre di Forza Italia che hanno lasciato la casa del padre convinte di seguire l'agenda Draghi per poi ritrovarsi indicate come «figure divisive» dallo stesso pifferaio magico che le ha condotte dritte-dritte alla corte del Nazareno. Ben lieto, ancora Calenda, di trattare sulla loro testa l'accordo con il leader del Pd («Niente Mara e Mariastella nei collegi unitari ma anche niente Gigino e Nicola», questo l'aut-aut) per stringere «l'alleanza repubblicana»: ossia l'armata Brancaleone con cui Letta intende salvare la faccia dopo aver visto frantumarsi in un sol voto in Senato tre anni di campo largo. Dovranno sperare, le due ministre uscenti, che gli elettori non fuggano troppo dalla scelta del leader di Azione di annacquarsi con il Pd e di essere ben inserite nella quota proporzionale: o come capilista o almeno nella posizione e nella località giuste per esserci al prossimo giro.

E pensare che i progetti di Carfagna e Gelmini, giusto qualche giorno fa, erano di tutt'altra natura: «Qui ho la certezza di trovarmi in un partito in cui nessuno si sognerà di tramare con la Russia o la Cina alle spalle del governo», sospirava la prima il giorno dell'adesione ad Azione. «Basta con chi ha messo le impronte digitali sulla caduta dell'esecutivo mettendo a repentaglio l'Italia e girando le spalle agli italiani», tuonava a sua volta la seconda. Bene: entrambe sono finite a braccetto proprio con chi, come il leader dell'alleanza rosso-verde Nicola Fratoianni, si è opposto fermamente all'invio di armi in Ucraina (e ha sempre votato contro il governo Draghi). E con chi, come Luigi Di Maio, con la Cina ha flirtato fino ad agognare una nuova e insidiosissima "via della Seta". Per non parlare poi di tutte le "vedove" di Conte - da Speranza a Orlando - che non vedono l'ora di riagganciare l'intesa giallorossa già il 26 settembre.

 

Con il passare delle ore, avvicinandosi minacciosamente l'ipotesi di finire stritolate nel Pd, le due ex azzurre avevano cercato in tutti i modi di avvertire Carletto: «Solo se andiamo da soli potremmo prendere i voti del centrodestra», «Abbiamo difficoltà a far accettare l'alleanza con il Pd». Niente da fare: Calenda, come è avvenuto per le Amministrative di Roma, quando arriva il momento torna subito a indossare la casacca filo-Pd.

INDORARE LA PILLOLA
Non è un caso che i due neoacquisti calendiani - ultimamente assai loquaci - dopo l'ufficializzazione dell'intesa a sinistra non abbiano proferito parola. Chi lo ha fatto, come Andrea Cangini (anche lui fuoriuscito da Forza Italia), ha cercato di edulcorare la pillola: «È stata una necessità imposta dalla legge elettorale, in alternativa avremmo dovuto rinunciare ad avviare la costruzione di quel polo liberale di cui l'Italia ha quanto mai bisogno». Insomma, si tratterebbe di un «buon inizio» dietro il paravento del fatto che «nessun voto dato ad Azione servirà ad eleggere chi non ha avuto fiducia in Mario Draghi». Non la pensano per nulla così dalle parti di Forza Italia, dove per giorni hanno dovuto assistere alle intemerate degli ex (ieri è stato il turno di Anna Lisa Baroni che ha ufficializzato l'ingresso in Azione). 

Il "benvenuto" è della senatrice Licia Ronzulli: «Complimenti per la coerenza a chi, come Gelmini e Carfagna, con un doppio salto politicamente immorale, ha lasciato il centrodestra per fare da stampella a un'accozzaglia di sinistra». Durissimo il commento del sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè: «Carfagna e Gelmini dopo aver combattuto la sinistra oggi ne diventano le damigelle nel nome di una poltrona». Da Alessandro Cattaneo, infine, arrivano gli auguri sarcastici ai due ministri e agli ex «di una fantastica campagna elettorale al fianco di Fratoianni, Bersani e Letta al grido di "viva le tasse"».

Dai blog