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Salvini associato a "killer e narcos": l'agghiacciante menzogna della sinistra

Matteo Salvini

Gianluca Veneziani
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"Quindi di cos' è che abbiamo accusato Meloni e Salvini finora? Ah sì, di fascismo, razzismo, filo-putinismo, sfascismo sui conti e minaccia per i mercati. Cos' è che ci manca, direttò?". "Allora, vediamo un po': metteteci pure l'antisemitismo, l'omofobia, l'anti-abortismo e, visto che ci siamo, la vicinanza alla criminalità organizzata". Devono andare più o meno così le riunioni di redazione a Repubblica, La Stampa e a Domani, a caccia disperatamente (e in modo fallimentare) di presunti scoop che screditino l'immagine dei leader di Fdi e Lega e scongurino la vittoria temutissima delle "destre". E così quei quotidiani sistematicamente sono costretti - li compatiamo davvero - a scervellarsi per inventarsene una al giorno e alimentare, col ricorso a ipotetici documenti riservati, gole profonde, congetture infondate o accuse gratutite, la sterile e autolesionista macchina del fango. Che, come tutte le operazioni fatte contro vento e contro verità, finisce per ritorcersi contro chi la mette in atto.


ACCUSE INFAMANTI
Le ultime intemerate anti-Giorgia sfornate da Repubblica, dopo quelle comiche sul cambio di casacca (da laziale a romanista) e sul cerchio magico (con la sorella!), sono le più infamanti e le meno vere. Nel pezzo di ieri di Tonia Mastrobuoni si parlava di una presunta inquietudine dell'Europa per una vittoria di Giorgia. E le ragioni di questo "terrore" sarebbero le posizioni di Fdi sull'immigrazione - arci-risapute-, sui diritti civili e sui diritti umani delle minoranze (qui, oltre che alla limitata accoglienza dei migranti economici, si allude a una possibile «lesione dei diritti delle persone lgbt+»: ma perché, si lede qulcuno se si usano le parole «padre» e «madre» anziché «genitore 1» e «genitore 2»?) e sulla riforma del Patto di stabilità (peccato che più avanti nel pezzo si dica che la revisione dell'accordo sia stata chiesta in primis da Draghi, che non pare essere un meloniano...).

Mail passaggio più insopportabile è quello in cui si dice che a Parigi e Berlino «ci sono delle linee rosse: il famoso comizio di Meloni in Andalusia è stato uno shock. Sul fascismo e sull'antisemitismo non si scherza, in Europa». Antisemitismo? Ma la Mastrobuoni e Repubblica tutta si rendono conto di cosa pubblicano? O mentono sapendo di mentire? Facciano a loro benificio un piccolo riepilogo. Fratelli d'Italia è uno di quei partiti che ha sempre tenuto in modo netto una posizione filo-sionista e contraria a ogni forma di antisemitismo. Basti ricordare le parole della Meloni allorché il suo partito si astenne sull'istituzione della Commissione Segre proprio perché non appariva abbastanza forte per affrontare l'odio anti-ebrei. «La Commissione appare uno strumento molto debole di contrasto all'antisemitismo», notava allora la leader di Fdi.

Che poi lanciava «l'invito a tutte le forze politiche a votare unanimemente un documento condiviso di condanna e lotta all'antisemitismo in ogni sua forma: da quello politico a quello connesso al fondamentalismo islamico, fino a chi vorrebbe negare allo Stato di Israele il diritto di esistere». A conferma dei rapporti amichevoli di Fdi con il mondo ebraico e dell'atteggiamento più che dialogante di questo con Meloni & Co., ci sono anche le parole del presidente della Comunità Qui a sinistra, gli "strappini" dei titoli di "Domani"e "Repubblica" che bersagliano Meloni e Salvini ebraica di Milano Walker Meghnagi in occasione del convegno di Fratelli d'Italia lo scorso aprile nel capoluogo lombardo: in un messaggio Meghnagi aveva detto di seguire «con attenzione l'evoluzione della destra politica italiana che mai ha mancato di schierarsi con Israele in politica estera e che è in prima fila nella condanna dell'Olocausto e delle orrende leggi razziali». Chiaro, teorici di un antisemitismo inesistente in Fdi (e presente piuttosto nei partiti dei compagni...)? Se non bastasse, sarebbe utile ricordare la posizione storica del Msi nei confronti di Israele, a partire dall'era di Almirante (1969), che diede una chiara svolta filo-sionista al partito, già maturata dopo la Guerra dei Sei Giorni (1967), contro il nemico arabo-comunista. Insomma, prima di parlare di antisemitismo a destra, sciacquatevi la bocca...


CONGETTURE VUOTE
Altrettanto gratuito, privo di valore politico e funzionale solo a spalare melma contro la destra è il pezzo del Domani volto a suggerire una vicinanza del mondo salviniano agli ambienti narcos e della criminalità organizzata in Calabria. Tutta la ricostruzione, corredata da un titolo suggestivo, «Dal voto dei narcos al killer in hotel: l'amico di Salvini in Calabria», si regge su un'associazione di fatti non rilevanti (né politicamente né penalmente) per il diretto interessato, Domenico Furgiuele, ossia il responsabile della campagna elettorale della Lega in Calabria; su sospetti, accostamenti e teoremi, ispirati solo da parentele scomode; insomma, sul nulla. Le "colpe" di Furgiuele sarebbero quelle di avere un suocero che ha scontato una condanna per estorsione aggravata dal metodo mafioso; di aver riservato una stanza nell'albergo di proprietà della famiglia di sua moglie dove nel 2012 hanno trovato rifugio due killer della 'ndrangheta dopo un omicidio (fatto dal quale, come scrive lo stesso Domani, Furgiuele è uscito senza conseguenze»); e il fatto di aver ricevuto il voto alle Politiche del 2018 da «un presunto narcotrafficante». Presunto eh? E in più (è l'unico fatto di rilievo penale) l'essere coinvolto in un processo per turbativa d'asta, in cui non c'è però traccia di aggravante mafiosa. Ma di cosa stiamo parlando, scusate? Se è per questo, un politico votato da un "presunto" delinquente, e magari non per volontà del politico stesso, lo si trova in ogni partito. «Tutto fango», ci dicono infatti dalla Lega, che «si difenderà nelle sedi opportune». Tanto, a essere indifendibili, resteranno questi quotidiani che vanno a caccia di mostri, senza accorgersi che i veri mostri ce li hanno in casa. 

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