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Carlo Cottarelli, "perdente di successo": ecco chi è davvero

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Pietro Senaldi
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Carlo Cottarelli è un economista di valore. Unica sua pecca, essere stato in forza al Fondo Monetario Internazionale che spezzò le reni alla Grecia, condannandola alla Troika, che evita ai Paesi di fallire applicando loro una ricetta che li uccide direttamente. Per il resto, la sua è una carriera da perdente di successo. Saggio, lucido, rigoroso ma anche piacevole, un tecnico dal volto umano, numeri e sorrisi, sentenze capitali e savoir fair, idolo delle televisioni grazie al sorriso alla Raul Gardini e alla erre arrotata alla Gianni Agnelli. Tonico e magro, come dovrebbe essere il bilancio di uno Stato che funziona. Cottarelli, dicevamo, è il campione delle imprese necessarie ma impossibili. L'immagine cult lo vede col trolley al seguito, pronto a varcare il portone del Quirinale, convocato dal presidente Mattarella, che voleva nominarlo presidente del Consiglio nel 2018, dopo due mesi che i partiti nom riuscivano a partorire un governo. Il nostro si precipitò a Roma, disponibile e volenteroso, e bastò il suo apparire perché d'incanto si trovasse la quadra.

 


INVIDIATO
Draghi, allora a Francoforte, governatore della Bce, forse per invidia forse per dispetto, telefonò a Giorgetti e nacque il governo Conte. Maledizione, fu un po' come se Cristiano Ronaldo dovesse assettarsi in panchina per lasciare il posto a Correa, con tutto il rispetto. Non meglio gli andò come commissario alla spending review, chiamato dall'allora premier Letta. Cottarelli studiò il bilancio dello Stato e fece le sue sane proposte. Poi arrivò Renzi, che per vincere le Europee decise di regalare 80 euro al mese a dieci milioni di italiani - «con una pizza in più al mese le famiglie rilanceranno l'economia» si dimenava la Boschi in tv per giustificare la mancia elettorale - e l'avveduto Carlo venne relegato nello stanzino delle scope. Non fosse andata così, forse non avremmo sforato il bilancio con il placet dell'Europa, che Renzi convinse impegnandosi ad accogliere, solo, tutti i clandestini del post disastro libico.
Ma Cottarelli non è tipo che demorde. Il suo centro studi va benone, è un accademico riconosciuto ma la politica gli è entrata nel sangue. Ha il tarlo della rivincita, i politici di professione l'hanno nasato e se me approfittano. Così il Pd ha provato a sedurlo proponendogli la candidatura a perdere a president della Regione Lombardia, la prossima primavera. Dopo essersi consultato con mezzo mondo l'economista ha capito che si trattava di una fregatura, si è fatto furbo e ha chiesto qualcosa di più sicuro. Conoscendo le leggi del mercato, si è procurato un'offerta, per meglio trattare e si è lasciato corteggiare da Calenda che, da Draghi in giù fa collezione di economisti che spaccia come sponsor anche se non gli hanno mai mostrato reale apprezzamento.

 

 


ORA SOSTERRÀ I BONUS
Il leader di Azione è il solo al quale Cottarelli abbia rifilato un pacco anziché riceverlo. Il panzer Carlo lo voleva ma l'anguilla Carlo si è defilato e, con abile mossa, anche se in realtà pare um suicidio d'immagine, si è fatto candidare da Letta come foglia di fico del Pd, che ha un disperato bisogno di far dimenticare ai sinistrorsi assennati di essere venuto a patti com Fratoianni e compagni. Comprensibile, umano, ma sbagliato. Cottarelli ha scelto di dire addio alla propria verginità sposando una causa persa. Continuerà ad andare in tv e dire cose intelligenti che nessuno farà, ma parlerà da uomo di parte e nessuno gli crederà più, né tantomeno qualcuno potrà mai più convocarlo per sbrogliare guai come tecnico super partes. Comunque sia, non gliene vogliamo. Dopo tante porte in faccia dalla politica, anche lui ha deciso di emtrare nella scatoletta di tonno. E dei conti in rosso dell'Italia, chi se ne frega più. Ora gli toccherà sostenere i bonus ai diciottenni, la patrimoniale e le altre idiozie economiche di Letta. Cosi finiscono anche i migliori. Povera Italia. 

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