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Sergio Mattarella, cosa sa Sallusti: "Meloni, attenta al Quirinale"

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Leggo di scenari di nuovo governo in caso di vittoria del Centrodestra a trazione meloniana: Nordio alla Giustizia, Tremonti all'Economia, tizio di qua, caio di là. Tutto facile, all'apparenza, come completare un album di figurine Panini, quelle dei calciatori.


Ma non è così, noi in teoria siamo una Repubblica parlamentare ma di fatto ci troviamo in un regime presidenziale (di sinistra) nel quale non si muove foglia che il Quirinale non voglia. Hai voglia a dire che il presidente è un arbitro super partes, un semplice notaio. Balle, il presidente dà le carte, certamente le più pesanti - come ha ricordato ieri il sito sempre ben informato Dagospia- tipo Giustizia, Esteri ed Economia e chiunque cerchi di forzargli la mano non fa una bella fine.

 

 

 

 

In questo senso Giorgia Meloni, se toccherà a lei fare la sintesi del nuovo governo, non parte certo avvantaggiata essendo l'unica leader politica che a febbraio scorso ha votato contro la rielezione di Sergio Mattarella. Vabbè, tra uomini (e donne) di mondo ci si può intendere. Ma scordiamoci che il presidente, che è anche capo del Csm (l'organo di autogoverno dei magistrati), accetti un ministro della Giustizia che non abbia il gradimento di quel sistema perverso che è la magistratura, così come essendo il Quirinale il referente principale dell'Europa, un ministro dell'Economia non gradito nei palazzi di Bruxelles.

 

 

 

 

I precedenti in questo senso non mancano: Renzi rischiò di non iniziare neppure la sua esperienza di primo ministro perché si era intestardito nel volere un magistrato non allineato, Nicola Gratteri, alla Giustizia. Alla fine si arrese a Napolitano così come Di Maio e Salvini si arresero a Mattarella che non voleva saperne di mettere un anti europeista come Paolo Savona ministro dell'Economia dello sgangherato governo giallo-verde. E poi ci sono, ci saranno, i veti interni alla coalizione. Uno per tutti Giulio Tremonti, considerato da Berlusconi un traditore che tramò con Napolitano nel 2011 per fare cadere il suo ultimo governo. Tra veti e ambizioni formare il nuovo governo non sarà una passeggiata e Giorgia Meloni, sempre - lo ripeto - che tocchi a lei, avrà un bel da fare a tenere a bada l'assalto alle poltrone dei suoi non pochi colonnelli smaniosi di un posto al sole. Insomma, il 25 settembre nelle urne si deciderà tanto ma non tutto del futuro governo. Anzi, il difficile a occhio verrà dopo.

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