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Economia, c'è un tesoro da sfruttare: sprechi e parassiti, la vera ricetta anti-crisi

Iuri Maria Prado
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Sarebbe bello che qualcuno tra quelli che ci chiedono il voto dicesse una verità poco frequentata quanto evidente: e cioè che, in alcune circostanze, un sistema ricco di difetti ha più possibilità, non meno, di resistere alle avversità e superarle. L’Italia è uno di questo sistemi, e la sua somma di inefficienze, sperperi e incapacità produttive potrebbe costituire ragioni propulsive anziché motivi di nuova sofferenza.

 

 

 

I quattrini spesi per mantenere l’arretratezza tecnologica italiana, le risorse allocate a compensare la mancanza di crescita con provvidenze e redistribuzioni,le ricchezze destinate dal potere pubblico al mantenimento dei tanti che le consumano,dopo averle espropriate ai pochi chele producono, rappresenterebbero un giacimento (altro che tesoretto) di immediata disponibilità se ci fossero volontà e lungimiranza per attingervi.

 

 

 

Generalmente lo statalista risponde alludendo ai costi sociali dell’operazione, perché in quel modo si pregiudicherebbero innumerevoli diritti acquisiti. Una frottola buona a nascondere un altro paio di verità: innanzitutto, che il costo del declino è gravoso per tutti, anche per quelli illusi di sfuggirvi grazie alle tutele del sistema che lo genera; e poi che proteggere e far montare il mare dei diritti acquisiti significa lambire e sommergere le poche isole di produzione ed efficienza rimaste. È solo questione di vedute: opporre alla crisi, così com’è, il corpo bolso e sovrappeso del sistema italiano, o invece opporre la sagoma smagrita, ma più agile e robusta, di un organismo senza piaghe da decubito

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