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Enrico Letta, la cronaca di un disastro: ha sbagliato sempre tutto

Francesco Storace
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Enrico Letta aveva invitato gli italiani a scegliere: lo hanno fatto. Ma hanno virato a destra, verso Giorgia Meloni e il centrodestra. La batosta non era così scontata. Da giorni era nell'aria la vittoria di Fdi con la coalizione a traino, ma il tonfo di quello che ambiva al sorpasso per conquistare almeno la palma di primo partito italiano era inimmaginabile a inizio della campagna elettorale. Di più e peggio: il Pd di Letta non ha solo perso. Ma lo ha fatto malamente ed è sceso addirittura al livello, se non peggio, di Matteo Renzi alle politiche del 2018. Renzi si dimise. Non poteva reggere una sconfitta durissima. Poi arrivò Nicola Zingaretti, che portò il Pd al 22 per cento. Ma se ne andò pure lui dalla segreteria, anche se in circostanze e con modalità davvero degne della parola mistero. Per questo possiamo vaticinare facilmente che da oggi si aprirà un congresso dilaniante al Nazareno. Subito. Il suo popolo non ha seguito Letta. A ferite ancora da leccare, certo sarà complicato nominare un altro segretario con l'incoronazione di un nuovo Cincinnato, come fu con Enrico rientrato da Parigi. Letta fu eletto segretario del Pd col voto dell'assemblea nazionale del partito. Pretese che non ci fossero elezioni primarie, né candidature alternative alla sua. Era il nuovo unto dal Signore. Ora lo cucinerebbero a fuoco lento. Si aprirà un dibattito cruento. Un partito cannibalizzato dalle correnti faticherà a trovare una soluzione limpida alla crisi che esplode. Nel Pd dovranno decidersi a trovare finalmente un leader vero.

LA STRATEGIA
È evidente che non basta più un qualunque accordicchio tra i troppi capicorrente. Perché così facendo non parleranno più alla società. E se stanno all'opposizione dopo tanti anni di potere dovranno anche sbrigarsi a trovare le basse frequenze per dialogare con la società reale che li ha mollati. E serve una strategia, perché Letta le ha sbagliate tutte. Ha lanciato l'anatema sui Cinque stelle di Giuseppe Conte, rinfacciandogli la caduta di Mario Draghi. Una scelta suicida per molti esponenti del partito, il no ai grillini. Che alle elezioni si sono ripresi la scena con gli interessi rispetto a chi li voleva morti. Poi, il balletto con Carlo Calenda, l'alleanza siglata e presentata e poi rinnegata nel giro di poche decine di ore. Certo, sarà più colpa del bizzarro capo di Azione, ma è stato Letta a cercare prima lui e poi Fratoianni e soci. Rinunci a Conte e ti prendi i centri sociali: chi ci capisce è bravo. Altro errore enorme, i toni violenti. Se la Meloni doveva essere additata come fascista, il suo risultato straordinario dovrebbe far riflettere chi ha puntato sull'"uomo nero". Ed è stato proprio Enrico, che ora non sta più sereno. Letta ha tentato di demonizzare senza ammetterlo la rivale che aveva scelto. Ma la leader di Fratelli d'Italia è stata molto più brava di lui ad ammucchiare voto su voto. Dice il segretario - attuale - del Pd: abbiamo deciso tutto all'unanimità. Certo, e ora saranno unanimi per fucilarlo. Perché le correnti del Nazareno non perdonano e ancora fanno male le intese faticosissime sulle liste, con troppi trombati. Dal divorzio coi 5 Stelle, all'accrocco con Calenda, alla polarizzazione con Meloni, al feticismo per l'agenda Draghi, alla cieca fedeltà alla Nato, tutto sarà addebitato al povero Letta, come gli ha anticipato anche Il Manifesto.

LE TRANSENNE
Nella desolante manifestazione di venerdì scorso a Piazza del Popolo si sono viste le avvisaglie e non solo in una partecipazione tutt'altro che entusiasta. I capicorrente, i ministri, quelli che non vogliono essere disarcionati, vogliono solo stare un po' tranquilli, per evitare la vendetta di Bonaccini, dei sindaci arrabbiati e degli esclusi eccellenti dal nuovo Parlamento. Per farlo fuori vogliono avere salva la loro testa. Ma se non si sbrigano dovranno mettere le transenne davanti alla sede del partito, ce ne sarà per tutti. 

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