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Costituzione, l'ipocrisia della sinistra che teme modifiche: da che pulpito...

Enrico Letta

Corrado Ocone
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Che la cifra predominante della politica del Pd e della sinistra sia l'ipocrisia lo si può evincere da tanti aspetti. Fra quelli meno considerati, ma pure evidenti, ci sono le idee "conservatrici" sulla nostra Costituzione, giudicata non il risultato dell'impegno e della volontà di uomini cooperanti in un determinato momento storico ma quasi in modo totemico come l'emanazione diretta di una fonte divina. Che è poi fare un torto agli stessi Padri costituenti che, a cominciare da Piero Calamandrei, avevano insistito sulla necessità che la nostra Carta fosse sempre viva e in cammino.

 

Il principale punto del contendere è in questo momento, come è noto, il presidenzialismo, a cui la sinistra si oppone con il più capzioso degli argomenti: la destra lo vorrebbe far passare perché sotto sotto odia il parlamento e vuole un "uomo solo al comando" che agisca al di fuori del perimetro di ogni regola. Ora, una tale affermazione non solo stride con elementi fattuali inoppugnabili, ma dimentica anche che sul tema ci fu una ampia discussione nell'Assemblea Costituente, con i nostri padri nobili schierati abbastanza equamente a favore dell'una piuttosto che dell'altra soluzione.

IL PARLAMENTO
Ma il colmo del'ipocrisia è nel fatto che si paventi uno strapotere dell'esecutivo sui legittimi rappresentanti del popolo sovrano poprio mentre si è fatto parte negli ultimi annidi tutti gli esecutivi, politici o tecnici, che il Parlamento lo hanno esautorato di fatto. L'esempio dei Dpcm emanati dal secondo governo Conte è, da questo punto di vista, emblematico: con l'alibi dell'"emergenza sanitaria", affrontabile fra l'altro con strumenti ordinari, si sono fatti passare provvedimenti di ogni tipo, anche quelli non riconducibili alla suddetta emergenza. Il Parlamento non è stato nemmeno informato.

Più rispettoso da questo punto di vista, forse anche perla presenza in maggioranza della Lega e di Forza Italia, è stato il governo Draghi. Ma come dimenticare che, in nome di altre e a volte discutibili emergenze, lo strumento del decreto legge, che i costituenti avevano ritenuto eccezionale, è stato usato dall'ultimo esecutivo come mai prima, continuando e rinforzando un trend negativo che ormai data da lustri? Negli ultimi cinque anni, d'altronde, come ci ha ricordato Sabino Cassese, con questo strumento si è arrivati a coprire il cinquanta per cento di tutte le leggi emanate (le quali sone state solo per un quinto di iniziativa parlamentare).

 

LA FIDUCIA
E che dire della fiducia che viene posta dal governo a ogni pie' sospinto? Se i decreti leggi comprimono all'inverosimile e rendono meramente formale il dibattito parlamentare, la richiesta di fiducia lo strozza addirittura. E pensare che proprio quel dibattito dovrebbe essere il cuore della democrazia. Perché la verità è proprio questa: il presidenzialismo non significa potere incontrollato, ma un potere ove ad ognuno è dato il suo: al Parlamento quello di discutere e approvare leggi, al governo quello di decidere in piena responsabilità e con la possibilità non solo di essere sfiduciato in ogni momento da parte dei parlamentari ma anche di essere giudicato in trasparenza dai cittadini alla scadenza della legislatura. A chi giova che le responsabilità siano sempre annacquate e che, in un regime di instabilità, il vero potere finisca sempre per risiedere in quel deep state irresponsabile e impermeabile ad ogni cambiamento che è la vera zavorra dell'Italia? Ovviamente, come ha sottolineato Marcello Pera, il presidenzialismo va inserito in una revisione della Carta che riesca a equilibrare bene i poteri. Se così concepito e realizzato, esso solo può però dare al Paese quella (relativa) stabilità democratica e quella capacità decisionale che è la precondizione per arrestare il suo declino.

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