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Letizia Moratti, la sparata da Damilano: "Me lo ha promesso"

Fabio Rubini
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«Ho accettato la vice presidenza di Regione Lombardia perché Fontana mi aveva promesso il passaggio del testimone a fine legislatura». Per l'ultimo sgambetto Letizia Moratti ha scelto una tv di sinistra, RaiTre, e un conduttore non certo amico del centrodestra, Marco Damilano. Una scelta per la verità non originalissima, visto che la stessa Moratti aveva fatto uscire interviste in cui si autocandidava, in momenti strategici della vita politica recente: come alla vigilia del ballottaggio delle amministrative o nei giorni del raduno leghista di Pontida. Il perché lo faccia resta un mistero, anche se il dubbio che l'ex ministro, ex presidente Rai ed ex sindaco di Milano, sia rimasta col cerino in mano è forte. Sul fronte romano la sola Forza Italia ha davvero spinto per darle un incarico (ministro all'innovazione tecnologica), più per levarla dal contesto lombardo che per altro. Ed è anche per questo che a precisa domanda di Damilano risponde: «Sarei onorata ma non accetterei». 

 

 

 

E non è messa meglio sul fronte lombardo: la netta affermazione del centrodestra, che ha superato il 50% in regione, non aiuta lei e al contrario spinge Fontana verso la riconferma. Che fare allora? Rompere, ammiccando a Carlo Calenda, ma senza dirlo. Anzi, insistendo sul «senso civico» e sullo «spirito di servizio» che hanno ispirato il suo impegno. Tutti concetti cari ai salotti milanesi, ma che poco hanno a che fare con la pretesa di una poltrona. Infine Moratti dà l'ultimatum al centrodestra: «Mi diano una risposta, ma dopo la formazione del governo, perché sono consapevole che le forze politiche in questo momento devono concentrarsi sull'esecutivo». La reazione di Fontana non si è fatta attendere ed è stata una vera e propria lezione di stile. Dice il governatore lombardo: «Contrariamente a quanto da lei affermato, non ho mai promesso a nessuno un passaggio di testimone al termine del mio mandato. È una prerogativa dei partiti, allora come oggi. Come tutti sanno- ironizza Fontana- non sono cariche ereditarie. Quindi non è molto chiaro quale spirito di servizio invochi se la condizione era quella di essere nominata vice presidente e anche candidata presidente». Poi la stoccata: «A questo punto, però, sono io a chiedere un chiarimento netto e definitivo, già dalle prossime ore, a Letizia Moratti: perché una cosa è far politica, un'altra giocare sull'onorabilità delle persone e amministrare senza sapere da che parte si voglia stare: con noi o contro di noi».

 

 

 

Parole che assomigliano a un ultimatum. Del resto Fontana nelle prossime settimane dovrà fare un mini rimpasto per sostituire il forzista Fabrizio Sala che è stato eletto in Parlamento. Ecco che quella potrebbe essere l'occasione giusta per ritirare le deleghe a Letizia Moratti. Questo perché il centrodestra non può certo permettersi di concedere un palco prestigioso come la vice presidenza della Lombardia a una persona che medita di candidarsi contro di esso. Poche ore prima al Pirellone era andato in scena una riunione del gruppo Lega che, oltre a chiedere i congressi al più presto, si era trovato d'accordo sulla necessità di chiudere il prima possibile la partita della candidatura con la riconferma proprio di Attilio Fontana. Una richiesta che i consiglieri lombardi faranno direttamente a Salvini lunedì prossimo, quando il segretario è atteso in Regione per un vertice. A Roma intanto si sono riuniti i neo parlamentari, ma la foto di giornata è quella di Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti che parlottano sorridenti nella sala Umberto, a Roma. Eccola qui l'operazione "pacificazione" che da giorni i vertici della Lega stanno mettendo in atto con regole severissime: telefonini depositati all'ingresso e la consegna assoluta del silenzio. Del resto tra virgolettati inventati e ricostruzioni fantasiose, far salire la tensione è un attimo. Per questo fin dall'inizio Salvini rassicura i suoi su due cose: «Non ci sono divisioni tra alleati. Il mio rapporto con Giorgia Meloni è ottimo» e spiega che sono fantascienza «le indiscrezioni su un possibile appoggio esterno della Lega nel caso in cui lui non vada al Viminale». Anzi, ai fedelissimi Matteo rivela che non ne farà una questione di stato e che se su quella poltrona dovesse sedersi Matteo Piantedosi - ispiratore assieme a lui dei decreti sicurezza del governo gialloverde - la Lega potrebbe anche ritenersi soddisfatta. 

 

 

 

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