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Giorgia Meloni, le piazze preventive di una sinistra da ridere

Giorgia Meloni

Francesco Storace
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Napoli, Milano, Roma. Gli studenti e la Cgil. Oggi, venerdì e sabato. Il piagnisteo anti Meloni comincia nelle piazze ad incarico non ancora conferito. La commedia rossa è cominciata senza alcun rispetto per il voto della maggioranza degli elettori. Bisogna protestare, non si sa contro cosa, ma si sa già contro chi. Uno stravagante concetto di democrazia utile a marinare qualche ora di lezione, non certo a rafforzare le speranze dei cittadini che dopo tanti anni tornano finalmente ad avere un governo stabile. Anche se prima dovrebbe arrivare l'incarico dato dal presidente della Repubblica. Ma ancora prima dello scettro alla Meloni, arriva il pregiudizio. E così oggi pomeriggio a Napoli arriva in piazza San Domenico la prima assemblea di precari, studenti, universitari «per confrontarsi e organizzarsi sulle iniziative da intraprendere». Meloni e la sua coalizione - hanno già sentenziato - «rappresentano un pericolo per i nostri diritti e la nostra libertà». Lo hanno deciso loro.
 

 

 

«A PIAZZALE LORETO» Anche a Milano gli studenti non si sono fatti mancare nulla. Alla scuola Manzoni dopo il curioso sciopero di protesta dei giorni scorsi contro il voto popolare, sono anche apparse le nuove scritte, nemmeno troppo originali: «Salvini appeso», «Meloni in piazza Loreto», neanche fossero tornati gli annidi piombo. Poi, il clou annunciato sui social dalla Rete studenti Milano. «Venerdì 7 ottobre scenderemo in piazza per contestare l'ascesa dell'estrema destra guidata da Giorgia Meloni e la mancanza di interesse da parte dei maggiori partiti in gara nei confronti della scuola». A parte la definizione di estremista appioppata alla Meloni, sembra quasi che sia colpa della leader di Fdi se, come scrivono, «da decenni ormai l'istruzione è stata soggetta a numerosi tagli, in particolare con la riforma Gelmini che ha causato una riduzione di fondi pari a 10 miliardi di euro e il sacrificio di quasi 100.000 cattedre in tutti i gradi delle scuole, dalla materna alle superiori. Attualmente nel nostro paese una delle problematiche più rilevanti legate a questi tagli è l'edilizia scolastica, infatti più del 40% degli istituti non sono a norma, con soffitti che cadono a pezzi e impianti di riscaldamento che non funzionano; sono oltre 22.000 i plessi scolastici sprovvisti di misure antincendio richieste dalla normativa vigente».
Tutto giusto, tutto discutibile, ma a questi studenti non passa neppure per l'anticamera del cervello di chi siano le responsabilità reali (visto che i loro beniamini al potere ci sono stati eccome e non sembra abbiano modificato alcunchè, anzi) e non certo dell'esecutivo che si appresta ora a guidare la Nazione. Ovviamente, nel loro proclama non manca il richiamo alla «scuola antifascista e anticapitalista». Studiare mai. L'importante è manifestare.

 

 


Idem per la Cgil sabato prossimo a Roma. Con l'alibi della manifestazione indetta «prima di sapere chi vincesse» - come se non fosse chiaro a tutti l'andamento elettorale che si profilava - il sindacato rosso ha proclamato il raduno per l'8 ottobre, apparentemente per ricordare l'assedio di un anno fa, in realtà per lanciare i primi segnali al governo che verrà da parte di Landini e soci. All'organizzazione sindacale non passa neanche per la testa che all'esecutivo non ancora formato si dovrebbe quantomeno offrire la possibilità di nascere e presentare le proprie idee sul lavoro e le pensioni. Invece si accelera la mobilitazione perché si deve preparare il consueto autunno caldo. Se la forma è sostanza anche nelle relazioni sindacali, in questo caso si è davvero oltre ogni capacità di comprensione. Le tensioni sociali per l'autunno le prevedono tutti, ma che non si attenda a soffiare sul fuoco neppure la formazione del governo è abbastanza deludente e incomprensibile. Se non con quel pregiudizio che non muore mai. 

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