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Ucraina-Russia, così il mondo pacifista allontana la pace: vince solo l'ideologia

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Iuri Maria Prado
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Bisognerebbe fare a capirsi, su questa faccenda della pace reclamata dal vasto fronte pacifista (quello che è sull'ottanta per cento dei giornali e sta h24 in televisione a denunciare ostracismo). 

 

 

Anche lasciando perdere quelli che hanno cominciato a reclamarla nel consolidarsi della resistenza ucraina, non nello sfogarsi della cosiddetta operazione speciale, una pace che non sia puramente e semplicemente un altro nome della vittoria dell'aggressore suppone almeno questo: che tra i fatti contrari alla pace spicchino innanzitutto, e innanzitutto siano denunciati, i bombardamenti dei civili, degli ospedali, delle scuole, gli stupri, le deportazioni di massa, le torture.

 

 


Se invece tutta questa bella roba finisce nel mucchio delle scontatezze, perché "questa è la guerra", mentre ad attentare alla pace finisce in primo luogo il botto sul ponte tra la Russia e la Crimea, allora si capirà che qualcosa non fila per il verso giusto. Vedi per esempio la signora Milena Gabanelli, quella che coi numeri e i dati e il giornalismo d'inchiesta mollala, perché ti fa nero, che l'altro giorno, appunto a proposito del ponte acciaccato, se ne viene fuori a dire che Joe Biden e la Ue devono richiamare all'ordine Zelensky (devono dirgli "dove deve fermarsi"). O il direttore della Stampa, Massimo Giannini, a spiegare che lui ha letto Kant e Norberto Bobbio e pure Nietzsche, tutti e tre concordi non solo sul fatto che non ci sono più le mezze stagioni, ma anche sulla necessità di evitare che un altro ponte saltato faccia fallire il processo di pace cominciato il 24 Febbraio. Fossi pacifista, diffiderei innanzitutto di roba simile. Fa male al pacifismo sincero, se esiste.

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