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Carlo Calenda umilia Matteo Renzi: "Senza di lui", cosa sta per accadere

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Non sarebbe una scelta consensuale, quella di Matteo Renzi, di non salire al Quirinale per le consultazioni. E il Terzo polo, fusione a freddo di Italia Viva e Azione di Carlo Calenda, sembra già un progetto politico allo sbando, franato in Parlamento dopo il buon risultato elettorale e l'8% sfiorato al debutto nelle urne lo scorso 25 settembre. 

 

 

 

 

A dare l'interpretazione peggiore all'annuncio di Calenda di questa mattina è Repubblica, che sul suo sito parla di "grande gelo" tra i due galletti nello stesso pollaio. "Con Matteo Renzi ci sentiamo tutti i giorni, lui ha fatto un passo indietro, non verrà alle consultazioni, ha anche molti impegni di lavoro all'estero", aveva spiegato il leader di Azione al Tg1 Mattina. "Alle consultazioni andrò con i due capigruppo e Teresa Bellanova che è la presidente di Italia Viva". 

 

 

 

Parole, in apparenza serene, che hanno però scatenato un polverone di sospetti e insinuazioni, tanto che la capogruppo al Senato Raffaella Paita, di Italia Viva, è stata costretta a intervenire con l'agenzia Adnkronos: "Gelo? I rapporti sono ottimi tra Renzi e Calenda". C'è però chi ricorda in queste ore il forte attrito tra i due leader sul caso di Ignazio La Russa. Renzi e Calenda, divisi dalle storiche ambizioni personali, si sarebbero infatti già spaccati nella gestione del proprio gruppo parlamentare.

 

 

 

Secondo i retroscena, Renzi sarebbe stato il burattinaio della manovra che ha portato 17 "franchi tiratori al contrario" per votare il meloniano alla presidenza di Palazzo Madama, sostituendosi così ai senatori di Forza Italia che non avevano votato l'alleato in segno di protesta nei confronti di Giorgia Meloni. Renzi aveva smentito alla sua maniera ("Se l'avessi fatto lo rivendicherei") ma molti sostengono che sarebbe stato proprio l'ex premier a trovare i voti necessari, non per forza tra i suoi, per mettere in difficoltà il partito di Berlusconi. Contravvenendo anche agli annunci di Calenda che aveva escluso qualsiasi possibilità di convergere sul "post-fascista" La Russa.

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