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Sinistra nel panico per il "merito": l'ultima ridicola crociata rossa

Giuseppe Valditara  

Francesco Specchia
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Dunque il merito non ha meriti. La polemica è talmente folle a raccontarla, che sembra una pièce da teatro dell'assurdo, Landini nei panni di Ionesco e Rosy Bindi in quelli della Cantatrice calva  con tutte le sue solide incoerenze. Giorgia Meloni non fa in tempo a nominare Giuseppe Valditara «ministro dell'Istruzione e del Merito», che subito studenti, psicologi, sindacati, sinistra tout court, scendono amabilmente in piazza. Non contro le ingiustizie, o le leggi sbagliate, o la burocrazia. No. Scendono in piazza, inferociti, contro il merito. 

Valditara non fa in tempo a sillabare un ringraziamento, una previsione, uno straccio di programma di governo che accade di tutto. Le associazioni studentesche, che invitano a riempire le piazze in occasione della mobilitazione nazionale del 18 novembre, tuonano: «Si conferma una volontà classista ed escludente nel solco dei precedenti governi di centrodestra. Valditara milita da trent' anni nel centrodestra, ed è stato relatore della riforma Gelmini, che tagliò otto miliardi di euro all'istruzione». Ma è solo l'inizio. E ancora. Il sociologo Massimiliano Panarari sulla Stampa, con eroica arrampicata sugli specchi mette in guardia sulla cosiddetta «arroganza meritocratica, che può accecare chi ritiene di essere meritevole».Il merito può accecare. E Sinistra Italiana grida: «Il merito è un inganno!».

 

 

RIFLESSO PAVLOVIANO - E Rosy Bindi, a Un giorno da pecora, afferma che «questa parola merito accanto al ministro dell'Istruzione è allarmante e preoccupante. In caso ci voleva inclusione, non merito. La scuola non può essere selettiva. Non se ne sentiva il bisogno». Ergo: il merito è zavorra, solo i peggiori e i mediocri possono ascendere al regno dei cieli. Perfino Maurizio Landini esterna: «In un Paese che ha un livello di diseguaglianze come il nostro trovo che sia sbagliato introdurre, quando parliamo di istruzione, di conoscenza, la parola merito. Rischia di essere uno schiaffo in faccia a tutti quelli che possono avere tantissimi meriti ma che partono da una condizione di diseguaglianza assoluta».

La diseguaglianza, qui, ovviamente non c'entra un piffero; ma è come quando Landini diede la colpa dei femminicidi alla proprietà privata. Un riflesso pavloviano verso tutto ciò che sa di destra. Un tic, che porta la sinistra ad una serie di (ci si pedoni il francesismo) minchiate contrarie al senso comune. A scuola, dunque, essere bravi diventa dramma, e strumento per affossare i popoli.

Non più, quindi, un mezzo di riscatto sociale, come previsto nel dettato da sempre acclarato dell'art. 34 della Costituzione: «La scuola è aperta a tutti (a tutti! Ndr). L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso».

 

 

Il che significa, nell'interpretazione autentica: i più meritevoli, al di là della loro classe d'appartenenza, possono scalare la vetta, e lo Stato concede loro ogni opportunità possibile. Cioè, dopo il periodo di istruzione obbligatoria i più bravi spezzano le diseguaglianze, salgono nell'ascensore sociale. Le capre no. Invece qua si scende in piazza contro i meritevoli, per favorire le capre, un insolito sovvertimento dell'ordine naturale delle cose. Lo devo spiegare ai miei figli, che, per propensione al fancazzismo, sono già sulla buona strada: «Se prendi quattro in matematica, ti compro la playstation». Così, almeno, respirerò il sollievo di non essere un pericoloso reazionario.

Capisco che, per tradizione, i sindacati abbiano i parametri diversi su competenza e valore, ma qui si esagera un tantino. Il problema per Orizzontescuola è ontologico: «Ma cosa si intende per merito?», si chiede Alex Corlazzoli, docente e giornalista, «oggiabbiamo bisogno di una scuola che promuove, non che distingue tra meritevoli e non meritevoli. Se parliamo dei docenti, starei molto attento e intanto aggiungerei i presidi. Chi stabilisce qual è il merito?». Come chi?

L'IRA DI CALENDA - Il Preside, a capo della scuola che è una struttura organizzata. Lo dice la legge. Non ci vuole un genio per intuirlo. Le argomentazioni, insomma, sono così meravigliosamente insulse da scuotere addirittura Carlo Calenda: «Il merito è l'unico antidoto a una società classista o appiattita sull'ignoranza. Questa presa di posizione ideologica di Landini è incredibile. Spiega perché la Cgil è stata spesso negli ultimi anni un freno alla modernizzazione del Paese. Spero che Cisl e Uil prendano le distanze». Non le hanno prese. Il merito è obsoleto; il demerito, in fondo, è così trendy... 

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