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Senato, "numeri risicati": cosa rischia il centrodestra

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Come se la cava il centrodestra al Senato? Sotto la lente ci sono finiti i numeri dei parlamentari, che potrebbero rischiare di essere risicati. Lo si vedrà già domani, quando ci sarà il voto di fiducia a Palazzo Madama. A Montecitorio, invece, il margine della coalizione guidata da Giorgia Meloni è molto più alto. Si tratta della prima legislatura che deve fare i conti col taglio dei parlamentari. I deputati, infatti, sono passati da 630 a 400; i senatori da 315 a 200.

 

 

 

Per quanto riguarda il centrodestra alla Camera, la maggioranza può contare su 237 voti su 400. A questi andrebbero sottratti i voti di 7 deputati-ministri, ossia Tajani, Giorgetti, Nordio, Fitto, Roccella, Pichetto Fratin e Lollobrigida, che solitamente non votano perché spesso "in missione", e del presidente Lorenzo Fontana. Diversa la situazione a Palazzo Madama, dove invece i numeri sono più risicati.

 

 

 

Al Senato, come sottolinea il Corriere della Sera, i ministri-senatori sono 9, ossia Salvini, Casellati, Calderoli, Ciriani, Bernini, Santanchè, Musumeci, Urso, Zangrillo. Il rischio è che in quel caso la maggioranza possa essere meno solida. Il centrodestra conta su 116 voti dei 200 totali. Ma se a questi vengono sottratti quelli dei 9 senatori-ministri, oltre a quello del presidente Ignazio La Russa, si scende a quota 106 voti. La maggioranza assoluta al Senato è pari a 104 (ai 200 senatori eletti vanno infatti aggiunti i sei senatori a vita). Lo scarto è quindi di due voti. Resta tuttavia ampio il divario tra maggioranza e opposizione: 29 voti. In ogni caso, a differenza di La Russa, i ministri potranno comunque votare qualora ce ne fosse bisogno.

 

 

 

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