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Matteo Renzi, "cosa penso di Giorgia Meloni"

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Per gentile concessione dell'editore e dell'autore, pubblichiamo alcuni stralci della nuova edizione aggiornata del libro di Matteo Renzi, Il mostro, pubblicato per Piemme da Mondadori Libri Spa.

Avere uno stile diverso nel fare opposizione è per me un elemento fondamentale per costruire una civiltà della politica che passi dal reciproco riconoscimento. Che non vuol dire inciucio. Anzi, è l'esatto opposto dell'inciucio: riconoscersi reciprocamente è il presupposto per garantire l'alternanza. Con Giorgia Meloni abbiamo idee diverse su moltissime cose. Più lei è sovranista, più io credo negli Stati Uniti d'Europa. Quando si parla di Europa lei pensa a Budapest, io a Ventotene. 

La sua maggioranza firma contraddittorie proposte di legge sui diritti, io ho firmato le leggi sulle unioni civili. Lei ha portato Per gentile concessione dell'editore e dell'autore, pubblichiamo alcuni stralci della nuova edizione aggiornata del libro di Matteo Renzi "Il mostro", pubblicato per Piemme da Mondadori Libri S.p.A. (© 2022 Mondadori Libri S.p.a., Milano) segue dalla prima (...) in Parlamento chi diceva «Con la cultura non si mangia», io credo che la cultura possa creare milioni di posti di lavoro ma soprattutto nutra l'anima di un popolo e, per questo, ho firmato la legge "un euro in cultura, un euro in sicurezza". Lei ha applaudito quota 100, io ho firmato Jobs Act e Industria 4.0.

Eppure abbiamo tratti in comune. Apparteniamo all'ultima generazione di politici ibridi. Quelli che hanno imparato a stare sui social, con alterne fortune, ma che ricordano ancora l'odore della colla il venerdì della chiusura della campagna elettorale per andare a fare l'ultimo giro di attacchinaggio dei manifesti.

 

LA DEMOCRAZIA
Quelli cresciuti con il mantra del "è finita la storia" oppure "esportiamo la democrazia" e oggi vedono una storia tutta da scrivere e una democrazia in crisi, tanto che laddove è stata esportata è stata respinta. Anzi, oggi è in crisi anche nelle realtà culla del pensiero liberale come dimostra il governo di soli 44 giorni di Liz Truss a Londra.

Quelli nati con la lira e diventati grandi con l'euro, quelli che alla scuola superiore ancora non avevano internet e Google e basta vedere come studia un liceale oggi per capire che differenza fa. Quelli che si ricordavano i numeri di telefono - rigorosamente il telefono fisso di casa - a memoria perché i telefonini ancora non c'erano. E comunque all'inizio erano solo telefoni, non anche agende, album fotografici, calcolatrici, quaderno degli appunti, misuratori di performance atletiche.

Insomma noi, nati negli anni '70, eravamo quelli che in politica erano invitati a stare in fila, a rispettare il proprio turno, a fare un lungo cursus honorum prima di accedere - eventualmente - a responsabilità più grandi. Siamo gli ultimi a cui è stata fatta fare la gavetta candidandosi sui territori, stando in mezzo alle persone e non solo ai followers, facendo riunioni con quindici persone nelle frazioni più disparate e disperate e non solo le dirette instagram con migliaia di utenti incollati.

Era un mondo diverso. Né migliore né peggiore: diverso. Meloni viene da quel mondo lì, come me, come Salvini, come tanti altri di l'odio, non con il giustizialismo. Con la politica. E lo faremo, ne sono certo. Ci sarà bisogno di tempo e coraggio, malo faremo. Noi crediamo nell'elezione diretta del capo del governo, certo. E siamo pronti a discuterne perché le regole si scrivono insieme. E non faremo, come hanno fatto loro, della riforma costituzionale lo strumento per attaccare il governo. Ma oltre che alle riforme italiane guardiamo a Bruxelles. Nel 2024 vogliamo creare un grande movimento europeo che rilanci i temi non solo dell'elezione diretta del presi dente della commissione ma di una politica europea transnazionale capace di spargere semi di democrazia e di civiltà politica in tutti i Paesi dell'Unione.

TRA 20 ANNI
A me interessa raccontare come sarà l'Italia tra vent'anni, non discutere del centenario della marcia su Roma, atteso che il fascismo è stata la disgrazia di questo Paese e che il giudizio degli storici non può conoscere un revisionismo instressato... La marcia su Roma è stata l'inizio di una tragedia enorme che va condannata senza incertezza alcuna. E tuttavia oggi il nostro compito di politici è anche -e soprattutto - quello di costruire speranza per il futuro. Mi interessano le startup di domani, gli investimenti in ricerca sulla medicina, le prospettive della corsa allo spazio, l'esercito europeo, le grandi sfide globali del cibo e dell'agroalimentare, l'investimento in cultura come chiave dell'identità di persone che vogliono essere cittadini e non solo un ammasso di gente. 

E su questo vedremo se il governo Meloni sarà all'altezza delle sfide. E per questo la nostra opposizione non potrà essere mediocre. Quando, nel primo dibattito in aula, una parte del Pd attacca la premier accusandola di essere un passo indietro agli uomini e insistendo sull'uso degli articoli maschile/femminile mi domando se insistere sul più evidente elemento di forza della Meloni - essere la prima donna dopo trenta premier uomini, aver vinto una competizione interna rischiando e mettendoci la faccia - sia figlio di una miopia politica o sia puro masochismo.

 

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