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Storace: "Il Pd ha perso le elezioni ma pone veti sulle riforme"

 Elisabetta Casellati

Francesco Storace
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Prepotenti. Perdono le elezioni ma vogliono decidere chi fa cosa. Sono i sinistri, parola che non a caso il vocabolario indica come sinonimo di incidenti. E vogliono far deragliare l'Italia con i loro veti persino in campo riformatore. Il centrodestra vuole la riforma presidenzialista dell'Italia. È lo stesso centrodestra che ha vinto le elezioni politiche e che dice alla sinistra parliamone. Le risposte che arrivano sono arroganti. Ma la domanda è: se una coalizione vince le elezioni e lo fa con i numeri che il centrodestra ha sfoderato, ha o no il diritto di attuare il proprio programma? Il presidenzialismo sta o no in quello del centrodestra? Eccome, se ci sta, è nel documento proposto per le elezioni del 25 settembre.

Terzo punto del programma, quello sulle riforme: "1) elezione diretta del Presidente della Repubblica; 2) attuare il percorso già avviato per il riconoscimento delle Autonomie ai sensi dell'art. 116, comma 3 della Costituzione, garantendo tutti i meccanismi di perequazione previsti dall'art. 119 della Costituzione; 3) Piena attuazione della legge sul federalismo fiscale e Roma Capitale". E poi, altri punti ancora, sempre sul tema delle riforme. Ma è proprio su autonomia differenziata e presidenzialismo che le opposizioni pretendono di imporre i loro veti - lo fanno notare anche i deputati Fdi Fabio Rampelli e Augusta Montaruli - anziché incalzare la maggioranza a fare quello che ha promesso all'elettorato. "Il problema è un altro", sono abituati a bofonchiare. Il cosiddetto Terzo polo sul tema è già diviso tra Renzi e Calenda.

 

 

Eppure, il governo - che pure ha numeri parlamentari importanti dalla sua -dice di voler coinvolgere l'opposizione; le facce tristi punite dagli elettori rispondono "manco se ne parla". E ci si chiede se davvero le minoranze possono pensare che chi vince le elezioni debba starsene con le mani in mano... Un punto di caduta della discussione, che vede per ora il ministro delle riforme Elisabetta Casellati impegnata nelle prime consultazioni dei partiti, potrebbe riguardare la scelta tra elezione diretta del Capo dello Stato o premierato: comunque sarebbe il popolo sovrano a decidere chi governa. Il lavoro della Casellati va rispettato, altrimenti che senso avrebbe avere un ministro per le riforme e averlo fatto giurare davanti al presidente Mattarella? È evidente che si deve aprire una stagione in cui si discuta di pesi e contrappesi costituzionali, del ruolo del Capo dello Stato e quelli di governo e Parlamento, e ancora del rapporto tra Regioni ed esecutivo centrale.

Ma appare davvero stolta la pretesa di bloccare tutto perché una volta c'è la guerra, poi la pandemia, poi ancora l'economia, le bollette e la benzina.
È ovvio che quando si governa i problemi sono tanti, ma l'assetto di sistema non può essere subordinato alle esigenze del momento. Ecco perché dovrebbe essere accolto positivamente l'input del governo Meloni ai partiti, a tutti i partiti. Il rinnovamento che si invoca da decenni non è più procrastinabile, anche perché è stato promesso agli elettori che hanno fatto anche una precisa scelta programmatica andando alle urne il 25 settembre.

 

 

Ma una sinistra in drammatica crisi persino di leadership non sa uscire dal cono d'ombra in cui è avvitata e preferisce gettare la palla in tribuna. E così sarà schiacciata definitivamente dai Cinque stelle che, dopo il "risparmio" beffardo e inesistente della riduzione dei parlamentari sarà bene che si astengano per il presente e il futuro a pronunciare la parola riforme. Non è il loro mestiere.

Dalla sinistra ci si aspetterebbe invece qualcosa in più, la capacità di comprendere, ad esempio, che se ha fallito la prova elettorale è proprio per l'assenza di uno slancio riformatore attorno alla stessa Costituzione della Repubblica.

Per ora, rimane pigramente a contemplare lo schema di gioco altrui e finirà per non decidere alcunché. La speranza è che il governo Meloni vada avanti senza impantanarsi nei veti minoritari e scegliendo nel concreto le opzioni da offrire ad un dibattito costituente come quello che è davanti al Paese. Sarebbe un formidabile segnale di cambiamento, riuscire nelle riforme, che da solo varrebbe la pena di aver scelto il centrodestra. Perché questa sinistra faziosa e settaria non ne è stata mai capace neppure negli anni - tanti e troppi - in cui ha governato senza consenso popolare. 

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