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Marco Travaglio, lo sfregio a Meloni e Mattarella

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Non si butta via nulla, pur di tirar su qualche graditissimo soldo. Marco Travaglio da qualche anno non è più solo un giornalista, direttore del Fatto quotidiano o megafono (qualcuno dice addirittura manovratore occulto) di Giuseppe Conte. No, la penna più manettara d'Italia è soprattutto uomo di spettacolo, ormai scafatissimo.

 

 

 

Prezzemolino in tv, quasi ospite fisso di Lilli Gruber a Otto e mezzo, su La7, Travaglio è anche consumato autore e attore di teatro. Un fustigatore dei politici (ovviamente, tutti tranne i suoi amici del Movimento 5 Stelle), censore di chi non la pensa come lui, raffinato populista da salotto, di quelli cioè che riescono a conquistare anche (anzi, soprattutto) gli osservatori radical e un po' blasé, vagamente annoiati più che indignati da ciò che li circonda. 

 

 

Non c'è che dire, come business man ci sa fare. Basta dare un'occhiata al manifesto del suo ultimo spettacolo, I migliori danni della nostra vita. Sapido gioco di parole che richiama alla mente il capolavoro di Renato Zero, e foto di gruppo che mette insieme tutti i grandi nemici del Fatto (a volte, a targhe alterne): il leghista Matteo Salvini (su cui si registrava una imbarazzata, sofferta tregua nel biennio gialloverde 2018-19), l'anti-grillino Carlo Calenda, pure il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (imperdonabile, osò non salvare Conte preferendogli Mario Draghi), il povero ex 5 Stelle Luigi Di Maio (proprio in quanto ex 5 Stelle), il segretario del Pd Enrico Letta (che, quando era pappa e ciccia con Conte, al Fatto andava benissimo), ovviamente il tecnocrate Draghi.

 

 

 

Infine, a chiudere il cerchio, i due "Satana" Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. In mezzo, come poteva mancare, lei, la nuova premier, Giorgia Meloni. Che si è guadagnata le cannonate del Fatto, anzi Odio quotidiano in soli tre mesi. Un record. D'altronde, Travaglio insegna, meglio battere il chiodo finché è caldo, bollentissimo. 

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