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Pd, D'Alema: il piano del burattinaio comunista per comandare nell'ombra

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Renato Farina
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D’Alema è un genio. Comunista sì, ma fuoriclasse. Il Pd se lo prenderà lui. Questo però è il finale dell’articolo. Se lo sarà anche nella realtà, vedremo. Viene da tifare per lui. Ma poi è il caso di ricordarsi che è genio sì, ma comunista. Bisogna far prevalere nel giudizio il fattore K. Pertanto vale la doppia regola: primo, non fidarsi. Secondo: non fidarsi, neanche quando ti ha convinto. Ricominciamo dalla cronaca.

Il 26 febbraio, cioè giovedì prossimo, si svolgono le primarie per l’elezione del nuovo segretario del Partito democratico. Pd - chiunque tra i quattro candidati vinca, e vincerà Stefano Bonaccini che fa rima con Bersanini resterà una sigla perfetta, acronimo di Partito (dei) Dinosauri e di Partito Ditta. Non si capisce dunque perché sforzarsi di trovare un nome nuovo alla stessa minestra, solo perché rinforzata da cavoli tenuti in salamoia nelle cantine della nostalgia. Non stiamo alludendo all’età, infatti esistono anche i dinosauri in fiore, persino con i dentini di latte come Roberto Speranza. Ci riferiamo invece all’operazione in atto. La Ditta! Il sogno americano di Walter Veltroni e in fondo di Enrico Letta si è risolto in incubo. Stanno tornando a passeggiare tra le rovine, perfettamente a loro agio, avvolti in ragnatele pimpanti, come spettri di antichi troiani, i legittimi proprietari a suo tempo espropriati con la tecnica del cavallo di Ulisse da Matteo Renzi. Il quale conquistando a rigor di statuto democratico il Pd svelò il bluff di Veltro.

 

 

LA DITTA
Il cui disegno, che la Treccani chiama «ma-anchismo», pretese di sommare Togliatti e De Gasperi con la benedizione di Kennedy onde fondere democristiani di sinistra (non per forza cattocomunisti) con post- comunisti (non per forza post). In realtà la fusione non prevedeva venisse scardinato lo statuto non scritto del Pd: la Ditta viene prima, come per i Buddembrok. Renzi rottamò i Buddenbrok. I quali se ne andarono convinti della loro superiorità intellettuale, di cui peraltro il popolo non si è accorto. In vista delle primarie rientrano, nel circo di nani e ballerine del Pd, come rinoceronti dal corno d’oro. Spettacolo affascinante. Eugène Io nesco immaginò profetica mente i giganteschi ungulati prendere della possesso Francia, grazie all’irresistibile contagio della rinoceronti te. Quello- si dirà- era Teatro dell’Assurdo. Malo spettacolo offerto dal partito della sinistra si inserisce nel filone. Sparito Renzi, gli «spumarini pallidi» hanno invocato gli scissionisti di Articolo 1 per riprendere colore. I candidati favoriti si sono già posizionati a pelle d’orso.

 


Bonaccini dichiarandosi «comunista» orgoglioso fa sapere: sono dei vostri. La Elly Schlein è in linea con il disegno di art. 1 e in specie modo di D’Alema. Diventare una cosa sola con i grillini di Conte. Quello che la Schlein farebbe in posizione gregaria, un Pd cioè sottomesso, invece i rientranti lo intendono come riconquista. Non determineranno, lo sanno, con i numeri dei loro sparuti militanti, i rapporti di forza tra i candidati alla segreteria sita in Largo del Nazareno. Ma la rinocerontite vincerà, chiunque vinca ne sarà contagiato. Forse, tra i 4 pretendenti, l’unico vaccinato da questa malattia che ti fa tornare dinosauro è Gianni Cuperlo, troppo nobile e alto per essere condizionato da fuori, troppo nobile e alto per rischiare di vincere.
In realtà, trattasi di Teatro dell’Assurdo per modo di dire, il copione è di razionalità machiavellica. Il rientro alla base di Bersani, D’Alema & C non ha la caratteristica di un ritorno del figliol prodigo, non sono pentiti di niente, sono così generosi da non pretendere postazioni di comando. Gli basta manovrare il Principe per portarlo dove vogliono loro, i dinosauri. Mi scuso se ho cambiato nel frattempo la collocazione dei nostri eroi nel Bestiario. Da rinoceronti a tirannosauri.

 


Ed eccoci a D’Alema. Comunista inaffondabile, finto pensionato ed eterno conquistador. Il modo migliore per riprendere possesso della sinistra ha capito che è starne fuori, guardare dal balcone le contese tra cavalieri senza carisma in torneo per la carica di segretario. Constatare il loro corto respiro. Dichiararsi in serena quiescenza come De Gaulle, ma soffiare, soffiare piano, come usava fare con il suo tipico gesto dai banchi della Camera, per spostare gli equilibri, le idee, le tattiche in vista di una «nuova comunità politica» con il mondo 5 Stelle.

 

 

LA FINZIONE
Star fuori per D’Alema è il modo per essere dentro senza rischiare di essere misurato dai numeri e sbudellato da qualche compagno Beria. L’ha detto all’Ansa, escludendosi dalla tenzon, fingendo di cascare dalle nuvole: «Dalla politica sono in pensione da sette anni, e ci resto». Non si rinuncia alla passion predominante. Di certo per lui non sono né la produzione di vini né la navigazione a vela; osiamo sperare non lo siano neppure le redditizie consulenze mercantili. Per il «Lider Massimo» che cosa può essere se non la politica? Da oggi si è ritagliato il ruolo di Papa rosso emerito, ma senza la mitezza e il candore di Benedetto. Infatti la scuola politica del Pci, di cui è il miglior fico del bigoncio, non prevede la contemplazione, ma la conquista del potere. L’ideologia è fallita insieme con l’Urss? La ruota della storia è uscita dai binari. Ma dentro di noi sappiamo di essere i migliori. Di meritare di tenere le redini del mondo. D’Alema è il custode di questo nocciolo incandescente di fede. Trattasi di puro materialismo dialettico marxista-leninista: stai fuori, perciò dentro; rinunci al Potere, ti prendi il Potere da senza Potere. Il libro che consiglia nelle sue uscite pubbliche è quello dell’economista e filosofo comunista, Claudio Napoleoni: Provate ancora.

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