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Soumahoro, scandalo senza fine: toh, che 100mila euro sono scomparsi

Soumahoro

Claudia Osmetti
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Una pagina. D’altronde è lì da vedere: scaricabile con pochi click. Il download è immediato: basta scorrere il sito della Lega Braccianti, l’associazione del deputato Aboubakar Soumahoro, e scegliere la spunta “rendiconto gestionale 2020”. Tutto il nodo del contendere, quella querelle infinita, è racchiusa in una paginetta: 57 righe (compresi avanzi e disavanzi), sei colonne e una manciata di numeri. Stop. Il resto è politica. È lui, l’ex “rosso” scaricato da Nicola Fratoianni, l’ex “verde” scaricato da Angelo Bonelli, l’ex immigrato che in Parlamento è entrato con gli stivali para-fango e che, adesso, le domande sui suoi conti che non tornano le schiva come un’anguilla del lago Trasimeno. Sorride. Parla di «legalità e trasparenza», dice: «Io seguo le indicazioni del ministero delle Politiche sociali, non quelle di Caruso» (Francesco Caruso, l’ex leader dei No-global che con Soumahoro ha condotto la raccolta fondi “Cibo e diritto” durante la pandemia), ma mica risponde.

 

 

 

CONTI OPACHI

Lunedì sera, nel corso della trasmissione di Rai3 Report, l’inviato Bernardo Iovene gliel’ha chiesto almeno due volte: «Tra il rendiconto di Caruso e il suo ballano 101mila euro, dove sono le fatture che testimoniano ciò che lei ha messo a bilancio?». Niente. «Papa Francesco dice che il silenzio è la strada e anche la risposta alle chiacchiere». Onorevole, no. Per due motivi: il primo è che la religione, qui, c’entra un tubo. Il secondo è che lei, ci permetta, non è un cittadino qualunque. È un deputato della repubblica. Se un giornalista fa il suo lavoro (e cioè chiede), lei è tenuto a rispondere. Almeno da un punto di vista politico. Altrimenti «legalità e trasparenza» un piffero.

Il punto, però, è anche un altro. Ed è che quel “rendiconto gestionale 2020” è stato scritto così, due anni fa, perché due anni fa si poteva scriverlo così. Ong, attività del terzo settore, onlus, associazioni a vario titolo allora avevano obblighi molto meno stringenti rispetto a oggi. Un vuoto normativo, il solito intreccio di cavilli, burocrazia e leggi che mancavano: è così che si arriva a quella paginetta scarsa. Un’attività (che però fa girare soldi, 120.998 euro di «materie prime e merci» e 38.376 euro di «trasporti»: non bruscolini) ridotta a un foglio A4. «Fino al 2020 le associazioni non avevano obblighi, se non di natura statutaria. Poi è cambiato il mondo», spiega Fabio Zucconi, esperto di diritto societario. «Era normale che un’associazione avesse colonna entrate e colonna uscite, qualcuno metteva anche il saldo del conto corrente: era finita lì». Ci riferiamo agli “Ets”, ossia agli Enti del terzo settore: qualifica che la Rete Braccianti di Soumahoro ha nel nome.

Controlli, pochini. Paletti, idem. Vincoli, lo stesso. Una manciata di rimandi al Codice civile e poco più. Insomma, un imbuto a manica larga, spesso giustificato: nel senso che le associazioni del terzo settore sono tante e variegate, rientrano nel volontariato, e una sorta di flessibilità (diversamente dalle società per azioni o a scopo di lucro) è nella natura delle cose. Ci mancherebbe.

 

 

 

POCHE REGOLE

«Il Testo unico è stato varato nel 2017», continua Zucconi, «ed è composto da 115 articoli che toccano anche il tema della contabilità: oggi il sistema è assimilabile per modalità a quello societario». Ma è stato attivato solo nel 2021, l’anno dopo il “rendiconto gestionale” contestato a Soumahoro e con un periodo ancora insufficiente per testarne la validità. «Di controlli non ce ne sono ancora semplicemente perché i primi bilanci depositati sono quelli del 2022: serve tempo». E gli altri? Per aprire un salone di parrucchiere sono necessari 75 autorizzazioni, per un’autofficina 76 adempimenti. Lo dice l’Osservatorio nazionale della Cna. 

 

 

 

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